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30 settembre 2008

Quelli che Mussolini è dentro di noi

15 settembre 2008

Il problema è che, nonostante tutto, Gianluca Iannone ha una faccia da buono. Corpulento, massiccio, pelato e con la barba. E fascista. Cravatta, tatuaggi e croce celtica. Sembra un po’ un mormone in camicia nera e un po’ un mullah con tendenze neosquadriste. Nell’universo dei centri sociali di estrema destra è uno che conta parecchio. Il capo incontrastato, dicono alcuni. Di certo c’è che Iannone ha 35 anni e una discreta serie di vite parallele: leader politico, cantante degli Zetazeroalfa, giornalista pubblicista, regista, scrittore, ex sergente, marito e padre, comunicatore, direttore del mensile “Occidentale” e di “Radio bandiera nera”, portavoce di Casa Pound e simbolo delle occupazioni nere. Lo abbiamo intervistato.

Iannone, lei è un fascista?
Mi ritengo un fascista del terzo millennio.

Che cosa fa nella vita?
Il libraio.

E’ ricco?
No.

Casa Pound è un covo di fascisti-neosquadristi?
Covo mi sà di un posto buio, umido, nascosto. Casa Pound è una fabbrica di idee , un magazzino di sogni, un posto di uomini e donne liberi, differenziati e non conformi. E’ la nostra Alcazar. Casa Pound è un’idea e come è noto le idee rispecchiano la luce. Casa Pound agisce alla luce del sole, perchè è circondata dal mare del nostro credo.

Tra colleghi vi chiamate “camerata”?
Tra colleghi? Mica siamo stipendiati! Per noi l’amicizia ha un valore diverso rispetto a quello comune. Per noi un amico vero è un camerata. Camerata, che vuol dire fratello nella battaglia, è un termine serio.

Perché girate con i Ray-Ban anche di notte?
Per individuare meglio gli idioti che poi ci fanno questa domanda.

Individuato, allora funzionano veramente. Ha partecipato anche lei all’assalto alla “bolla” del Grande Fratello 8?
Sono stato tra gli ideatori e ovviamente ero presente.

Lazio o Roma?
Roma. Ovviamente.

Ovviamente?
Fu fondata nel 1927 per volontà di sua eccellenza Benito Mussolini.

Capisco. Senta: Mario Balottelli è un calciatore italiano di origine ghanese. Quindi è nero. Pochi giorni vestito la maglia della Nazionale Under 21. La cosa la disturba?
Non mi disturba. Credo semplicemente che sia una cosa ridicola.

Si è mai fatto una canna?
Non mi pare.

Lo interpreto come un sì. E la cocaina?
Assolutamente no.

Passiamo alla politica. Alle ultime elezioni era candidato per La Destra. Come è andata?
E’ andata benissimo, non mi hanno eletto.

Che differenza c’è tra Fiamma Tricolore e Forza Nuova?
Non mi interessa.

Peccato, a noi sì. Perché è stato espulso dalla Fiamma Tricolore?
Perchè chiedevo quello che tutti volevano, ovvero il congresso, e perchè volevamo un partito serio d’opposizione nazionale contro i due blocchi.

Nel comunicato ufficiale la accusarono di aver “operato in termini antistatutari”. Che vuol dire?
Abbiamo occupato in modo simbolico la segreteria nazionale per chiedere il congresso visto che c’era un muro di gomma permanente che non permetteva l’attuazione dello stesso.

Chi è Gianfranco Fini?
Un arrampicatore sociale dal cinismo cosmico.

E Gianni Alemanno?
Quello che ha preso a calci nel culo Rutelli e la mafia della sinistra buttandoli fuori dal comune di Roma.

Francesco Storace e Buontempo?
No comment.

Il sindaco di Roma sostiene che Fini sbaglia a definire il fascimo “male assoluto”. La Russa litiga con Napolitano sui morti di Salò. Che ne dice?
Dico che dopo 60 anni ancora non è possibile riconoscere l’indubbio valore storico, culturale e politico del fascismo, le sue grandi opere le sue importanti conquiste e la sua giustizia sociale. Troppi interessi, troppo miopismo troppe trame ancora in piedi. Povera patria.

Avete rapporti politici con Alessandra Mussolini?
No. A noi la signora Floriani non c’ha mai visto neanche in cartolina.

Che cosa pensa di Berlusconi?
Mi sta simpatico.

Su YouTube ho trovato due interviste: nella prima lei definisce Daniela Santanchè una “combattente” e la ricopre di elogi. Nella seconda (qualche mese dopo) sostiene che “è un incubo, simbolo di una politica decadente”. Alla fine è riuscito a mettersi d’accordo con se stesso?
Mettermi d’accordo con me stesso? E perchè mai? E’ bello avere un kaos danzante dentro di sè…

Qual è il miglior ministro del governo Berlusconi?
Giulio Tremonti.

E il peggiore?
La Gelmini

A sinistra le fanno tutti schifo?
Assolutamente no. Ammiro molte intelligenze a sinistra, uno dei miei eroi è Nicola Bombacci che era comunista e camicia nera e fu assassinato a piazzale Loreto insieme agli altri. Diciamo che solo chi sventola la bandiera dell’antifascismo provoca in me un profondo disgusto. L’ignoranza è una brutta bestia.

I suoi riferimenti culturali sono sempre Evola, Marinetti, D’Annunzio e allegra compagnia?
Certo. Allegrissima compagnia.

Lei è antisemita?
Mai stato.

Nel libro “La fiamma e la celtica” di Nicola Rao lei sostiene che “Al Quaeda e Bin Laden sono un bluff”. Crede in un Grande Complotto Mondiale Sionista Massone e magari pure Omosessuale?
Ma questa è un’intervista politica o nouvelle cabaret?

Nouvelle cabaret.
Vede, mi è stato insegnato ad avere l’abitudine a chiedere, a cercare a non dare mai nulla per scontato. Esistono filmati su filmati, analisi fatte da esperti del settore e testimonianze che dicono che gli aerei non erano aerei ma missili. Che nessun aereo precipitò sul pentagono. Che i palazzi furono acquistati poco prima e assicurati contro atti terroristici. Che gli attentatori non sono mai esistiti. Adesso un uomo libero ha il diritto o no di chiedere la verità?

E dunque?
Io non sò chi sia stato a provocare la tragedia dell’11 settembre, non sono un investigatore privato o un uomo della Cia. Quello che sò è che intere nazioni sono state bombardate a tappeto subito dopo facendo ben più morti e riducendo in schiavitù migliaia di uomini e donne per oleodotti, petrolio e potere. E questo a me non piace.

Meglio Obama o McCain?
Due facce dello stesso dollaro.

Le camere a gas sono esistite?
Sì. Come sono esistiti i bombardamenti a tappeto, a guerra finita, sulla popolazione civile a Dresda e su tante altre centinaia di città, come è esistito lo sterminio sistematico degli indiani d’America, degli armeni, dei tibetani, dei curdi o dei karen. Come è esistita la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Come è esistita una guerra di 12 anni in Afghanistan.

Hitler era uno statista?
Era un rivoluzionario.

Nel suo mondo ideale sono contemplate le libertà individuali?
Se intendiamo il riconoscimento di una coppia gay, sono favorevole, non vedo dove sia il problema. Ma se, ad esempio, intendiamo l’adozione di bambini da parte di una coppia gay sono fortemente contrario.

In rete ho trovato una sua dichiarazione: “Rimuoviamo un falso storico: l’Italia non è stata liberata dalla Resistenza”. Stava scherzando o era ubriaco?
Ora non ricordo se ero lucido o ubriaco. Vede, i romani, che non sbagliavano mai, dicevano “in vino veritas”, nel vino c’è la verità. In questo momento – ad esempio – sono lucido e sottoscrivo quella frase che dissi, bevendo potrei anche andare oltre.

Ad esempio?
Potrei magari dire che la “liberazione” avvenne grazie al benefattore Lucky Luciano o potrei parlare dell'”atto eroico” della bomba di via Rasella. Potrei narrare storie raccapriccianti -purtroppo accadute- dove gente di malaffare per 30 denari, durante la notte -violando il coprifuoco- accendeva le luci della propria abitazione per far vedere ai bombardieri “alleati” la posizione del proprio paese in modo da bombardare con più tranquillità. Potrei parlare delle morti avvenute dopo la guerra per arraffarsi un pezzo di terra confinante. Potrei raccontare a memoria libri come “La Pelle” di Curzio Malaparte.

Non credo che i lettori si entusiasmerebbero
Potrei, preso dai fumi dell’alcool, parlarle per ore di chi erano i resistenti, e di quello che successe a Porzus o a Trieste, e potrei anche fare dei paragoni con la storia ancora più recente portando sullo stesso livello la vostra gloriosa resistenza a quella dell’Uck nel Kossovo. Ma adesso sono lucido e non ne ho voglia. E poi non vorrei rovinarle il sonno o l’appetito.

Non c’è pericolo. Meglio l’Msi o Terza Posizione?
Una parte buona nel Msi c’era. E c’era anche in Terza Posizione.

Chi è oggi l’erede di Mussolini?
Purtroppo non ne vedo.

Come si pone di fronte all’omosessualità?
Per me non è un problema, quindi non mi pongo proprio.

La violenza politica va sempre condannata oppure –come dice qualcuno– “nel dubbio è meglio menare”?
Chi dice “nel dubbio mena” ha ragione da vendere. La violenza politica la gente come lei la condanna solo quando viene da una parte specifica, la nostra.

Iannone, siamo alla fine. Che cosa vuole fare da grande?
I grandi sono noiosi, corrotti, arresi. Per tutelare il loro potere -grande o piccolo che sia- sono disposti a qualsiasi cosa. Creano guerre, stragi, depistaggi. Non fanno un passo senza la burocrazia. Sono vittime e carnefici del loro stesso ego, del loro arrivare in alto quando in realtà sono fermi come macigni. Perchè mai dovremmo crescere? Grazie ma preferiamo mantenerci belli, curiosi e intelligenti. Preferiamo restare un inno alla vita. Avremo 17 anni per tutta la vita, non matureremo mai. Non cresceremo mai. E soprattutto non saremo mai come loro. Ecco perchè ci odiano.


Politica d’agosto / 2

9 settembre 2008

(La prima puntata è qui.)

M come Minoranza strutturale. Ovvero 20 anni di opposizione per il Pd. L’allarme l’ha lanciato il visionario Massimo, nel senso di D’Alema. Il rimedio? “Allearsi con Udc e Rifondazione”. E mandare in soffita la vocazione maggioritaria di Veltroni.

N come Nostalgia canaglia. Gianni Alemanno rimpiange gli anni della peggio gioventù: “Male assoluto furono le leggi razziali mentre il fascismo fu un fenomeno più complesso”. La Russa rincara sostenendo che i pacati ragazzotti di Salò “dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della Patria”.

O come Ore piccole. Bossi passa le vacanza a Ponte di Legno. Tira l’alba a Coca Cola e sigari in mezzo ai turisti padani che si arrampicano in Val Canonica per passare le ferie assieme al capo. In autunno ci sarà da battagliare sul federalismo. Per ora l’Umberto si limita ad avvertire gli alleati: “La vera gente sta con me”.

P come Piccione. Nel senso di tiro al piccione. E’ il gioco politico dell’estate 2008. Il volatile è Veltroni. Persino Bettini ha chiesto il congresso. D’Alema invece fa tenerezza: “C’è un problema di rafforzare il governo del partito. L’ho detto a Walter, bisogna mobilitare tutte le personalità come Marini o il sottoscritto”.

Q come quaglia. Anzi, salto della quaglia. Persino Marianna Madia ha infinocchiato Veltroni. La mitologica pupa dai riccioli d’oro era stata schierata da Walter come capolista del Lazio. Lei ricambia la fiducia iscrivendosi a Red, l’associazione di D’Alema.

R come Regime. Di Pietro ragiona: “Nel suo modello fascista Berlusconi ha sostituito l’olio di ricino con le gambe delle veline”. Tonino ha già in mente il suo personalissimo autunno caldo: addio Pd, referendum per abrogare il lodo Alfano e un nuovo partito.

S come Scajola. Il ministro ligure con la fissa del nucleare fa riesumare il volo Albenga-Roma. Costo per le casse dello Stato: un milione di euro. Profumo di casta.

T di Tuffo (dove l’acqua è più blu). Fini si fa beccare da Legambiente a fare il sub corsaro in un’area protetta. Bontà sua dice: “Una leggerezza, pagherò la multa”. Di Pietro: “Non c’è bisogno, tanto c’è il lodo Alfano…”.

U come Udc. Letta (Enrico) dice che senza i centristi il Pd rimarrà all’opposizione per 15 anni. Letta (Gianni) telefona a Casini e spiega che il Cavaliere li aspetta a braccia aperte. Loro per ora restano sul mercato. Perchè, anche se in formato tascabile, sempre democristiani sono.

V di Vittorio (Feltri). A metà agosto oggi il quotidiano Libera pubblica la foto di un attempato cinquantenne abbronzato provvisto di pancetta che tenta di piantare l’ombrellone in spiaggia. Titolo: “Ma chi è, un rom? No, è Veltroni”.

Z come Zavorra. Ormai a Emma Mercegaglia la chiamano così. Un leader così mediocre Confindustria non l’aveva mai avuto (al suo livello si posiziona solo la trinità sindacale Epifani-Bonanni-Angeletti). Poi la ciliegina sulla torta: il nome della Marcegaglia è spuntato nella lista degli squali che vogliono mettere la nuova Alitalia nel salvadanaio. E sulla prima pagina del Sole 24 Ore si sono subito scatenati i furori privatistici di Alberto Alesina.


Politica d’agosto / 1

8 settembre 2008

 

A come Alita(g)lia. Dopo i rifiuti di Napoli è il secondo miracolo del Cav. La compagnia aerea resta agli italioti. Capitani coraggiosi di destra e di sinistra, già ribattezzati i 16 furbetti della Magliana. A loro il ramo sano della società, mentre i debiti e i tagli li pagheranno i contribuenti. Gianni Letta la fa facile: “Visto? Berlusconi ha sempre ragione”. D’Alema lo stana: “Ma se qui è peggio della mia Merchant Bank …”

B come Brunetta. L’omino incubo dei fannulloni è il ministro più popolare del governo Berlusconi. Lui si presenta a palazzo con una troneggiante stangona bionda al fianco. Anzi, alla mano: “E’ la mia fidanzata, Titti, ma il cognome non lo dico”. L’agit-prop dell’efficienza statale ostenta smodato ottimismo: “La crisi? Non esiste”. “Io, povero, non bello e non ricco, ho fatto il culo al mondo. Sono la Lorella Cuccarini dell’esecutivo, il più amato dagli italiani”.

C come collaborazionisti. Amato presiede la commissione voluta da Alemanno. Colannino Roberto (imprenditore vicino al centrosinistra e padre di Matteo, ministro ombra di Veltroni) guida la cordata Alitalia e tira fuori Berlusconi da un mucchio di guai. Il governatore Marrazzo (Pd) vuole pure lui un biglietto nella nuova compagnia dei cieli. Bassolino non firma la mozione contro il Cav perchè col governo, lui, ci collabora. Dal Pd tanti mugugni ma nessuno che abbia il coraggio di gridare al tradimento.

D come doppia personalità. Il Violante politico parla al Violante magistrato di qualche anno fa: “Non demonizziamo Berlusconi. La politica consiste nel dialogo. La intercettazioni? Oggi sono diventate uno strumento di lotta politica. La giustizia? Va cambiata”.

E come Epurator, nel senso di Ciccio Storace. La Santanchè lo pianta e prepara il ritorno nel recinto berlusconiano. Lui dice: “Me ne frego. Ovile per ovile, preferisco tenermi er Pecora”.

F come Fatemi lavorare. La compagna Alba Parietti lancia un appello a Berlusconi per tornare a Mediaset. Qualche anno fa, per “coerenza politica”, rifiutò un contratto da 9 miliardi di lire. Ma adesso è acqua passata: “Potrei fare la testimonial della sicurezza stradale. Facciamo 4 milioni di euro e non se ne parli più”.

G come Gelmini Mariastella da Leno. E’ la diva d’agosto. Berlusconi la corteggia: “Come sei bella, sembri una bambina”. Lei si fa prendere la mano: “I prof del Sud abbassano la qualità della scuola”. Poi si scopre che per diventare avvocato la giovane Mariastella andò a sostenere l’esame in Calabria perché a Brescia era troppo difficile…

H come Hotel Maldive. Le vacanze sono sacre. Il ministro degli Esteri Frattini segue la crisi Russia-Georgia dagli atolli dell’Oceano Indiano. Dicono che con lui ci sia Michela Vittoria Brambilla ma è solo gossip di bassa lega. Poi si scopre che la femmina esiste. Si chiama Chantal Sciuto ed è una nota dermatologa siciliana di 39 anni. E, giusto per mantenere un basso profilo, la Sciuto si premura di incaricare un’agenzia di comunicazione per spiegare la nascita del nuovo amore.

I come Intercettazioni. In attesa di sapere che cosa diceva la Carfagna a Berlusconi ci consoliamo con Prodi. Il primo raccomandava attricette, il secondo il nipote. Chi è lo scemo?

K come. Kakhaber Kaladze detto Kahka: Ovvero: “Il mondo non lo sa, ma è stato Berlusconi a fermare la guerra in Georgia”.

L come Lotta continua. Altro che Concita e L’Unità. Altro che Liberazione e l’improbabile Sansonetti. Nella canicola estiva il foglio ufficiale dell’opposizione dura e pura è Famiglia cristiana. I paolini lavorano di sciabola: “Rischio fascismo”, “Paese da marciapiede”, “presidente spazzino”, “peggio dell’Angola”.

Continua…


2 agosto 2008

Pornopolitica va in vacanza per qualche giorno. Saluti


Falce e macello

28 luglio 2008

Urla e fischi. Insulti e risate. Riunioni fino all’alba e ricatti. Le lacrime di Bertinotti e la commozione dei delegati. Il congresso di Rifondazione è stato una tragedia greca. Riuniti e smarriti alle terme di Chianciano i compagni del Prc provano a voltar pagina. L’ex comandante Fausto ne esce schiacciato sotto il peso di una sconfitta elettorale sensazionale. Con lui Franco Giordano, il segretario traghettatore e Nichi Vendola, il pupillo designato per la successione. La quattro giorni di passione si chiude con i vincitori che intonano Bandiera rossa a pugno chiuso. C’è da piangere, che si pianga pure.

L’esito del congresso è presto detto. Si è andati alla conta e i bertinottiani di Vendola hanno perso. Il cattolico, comunista e omosessuale Nichi non entra nel direttivo e si tiene le mani libere. Ha vinto Paolo Ferrero – valdese mite, ex operaio Fiat cresciuto a pane e politica in Democrazia proletaria – che si è garantito l’appoggio delle altre mozioni congressuali. In Val Germanasca, dove è nato e cresciuto, la gente è di poche parole. “Io me lo ricordo: era un bambino vivace, un ragazzo serio”, mi rispose qualche mese fa un anziano a cui chiedevo dell’allora ministro. Al vecchio seduto al tavolino del bar brillavano gli occhi: “Paolo ha sempre avuto la schiena diritta. Quando faceva l’operaio studiava di notte”.

Ferrero è stato anche segretario della Federazione giovanile evangelica italiana: “Fa parte della mia antropologia culturale. Mi ha segnato in maniera significativa nell’idea della responsabilità, della democrazia, della giustizia sociale. Poi, certo, ho incontrato il marxismo”. Il marxismo, la fabbrica, i 35 giorni ai cancelli di Mirafiori e la marcia dei 40mila quadri. Ferrero c’era, lì conobbe Bertinotti. Poi venne il sindacato, il partito, il Parlamento e il governo Prodi. Oggi Ferrero conquista la leadership di Rifondazione con un documento politico che accenna a “convergenze con forze comuniste, anticapitaliste e di sinistra”. Nessuna alleanza con il Pd, nessun superamento del Prc e addio alla proposta della Costituente di sinistra. Insomma, l’unica apertura possibile è quella a Diliberto e compagni.

Vendola suda e impreca. Denuncia atteggiamenti di “plebeismo culturale” e invita “i compagni del nord ad andare nel sud per vedere come si combatte la mafia sul territorio, facendo nomi e cognomi dei mafiosi”. Il governatre della Puglia è stato fregato da un congresso nel più classico stile democristiano, con gli emissari delle mozioni impegnati a contattare i delegati uno ad uno. Nichi lo sa e quando sale sul palco per annunciare la propria sconfitta carica a testa bassa: “La nuova maggioranza esiste solo per alchimie che non hanno respiro né prospettiva, è un guazzabuglio di culture minoritarie”. Lamenta le “volgarità” e il “dileggio oltre il limite della decenza”. Poi si ammorbidisce e annuncia la nascita di una corrente di minoranza all’interno del partito, l’incubo della scissione (che, va detto, sarebbe stata una scissione dell’atomo) è scongiurato. “Io sono sconfitto e sono sereno, perchè da comunista ho imparato prevalentemente a essere sconfitto”.

L’impressione è che Rifondazione questa volta abbia scelto di morire per davvero. E’ passata la linea identitaria, di autarchia politica. Il nemico numero uno non è più il governo ma il Pd. Da oggi la battaglia si farà sull’egemonia a sinistra: nessuna vocazione maggioritaria, daltronde fare l’opposizione – come direbbe qualcun’altro – ci riesce benissimo. E fa niente se il malcontento va a destra, se le tute blu con la tessera Fiom votano Lega. Con Ferrero ha vinto l’ala massimalista, quella del partito di lotta e di piazza, senza se e senza ma. Probabilmente l’ennesima scissione a sinistra è solo rimadata. Per ora Vendola non si sfila. Il presidente di una regione che fa l’opposizione interna di un movimento extraparlamentare. Geniale e fottuto. Roba da brividi, roba da poeti. Se Nichi si stufasse c’è sempre il Pd alla ricerca di un leader. Lui va pure d’accordo con D’Alema.


Un panino in riva al Piave

22 luglio 2008

Il problema non è Mameli, e tanto meno il Piave che mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio. Qui siamo al 22 luglio, mezza Italia è in spiaggia e Bossi si diverte che neanche a Pontida. Il Senatùr detta l’agenda a tutti, dal governo all’opposizione, da Fini a Napolitano, da Berlusconi ai giornali, ai blog. Il suo dito medio (e non è la prima volta) s’erge al centro della vita politica italica.

Del fatto in sè, lo scandaloso gestaccio oltraggio all’onore della Patria, non gliene frega niente a nessuno. Tanto meno a lui, l’Umberto, che si gode il pomeriggio di passione standosene seduto in Transatlantico a fare merenda (in barba ai regolamenti). Un bel panino al prosciutto e un bicchiere di Coca-Cola proprio mentre Gianfranco Fini e Renato Schifani concludono le rispettive ramanzine chiedendo “più rispetto per lo Stato”. La polemica monta, è un diluvio di dichiarazioni. Napolitano plaude ai presidenti di Camera e Senato, Veltroni punzecchia il premier che non prende posizione sull’argomento, la Lega fa quadrato attorno al capo.

“Ma va là, … se Gianfranco se ne stava zitto era meglio”. Bossi se la ride. Qualche ora prima aveva spiegato che le polemiche sull’inno erano solo robaccia strumentale ma che comunque a lui la poesiola di Mameli non va proprio giù. “Nell’inno c’è anche scritto che i bambini italiani si chiamano “balilla””, aggiunge l’Umberto rinfacciando a Fini i suoi trascorsi fascisti. E vagli a spiegare che l’inno è stato scritto 70 anni prima dell’avvento del fascismo e che il verso in questione è dedicato ad un patriota genovese del ‘700 detto, appunto, Balilla. Stesso discorso per “la schiava di Roma”: Mameli lo riferiva alla vittoria, Bossi – com’è ovvio – alla Padania. 

Il Pd coglie la palla al balzo e tuona contro Berlusconi reo di essersi alleato con gli impresentabili padani. E fa niente se qualche centinaia di metri più in là D’Alema flirta con Maroni discutendo amabilmente di federalismo fiscale. Parisi non si lascia sfuggire la ghiotta occasione per il solito regolamento di conti interno al Pd: “Io chiedo: com’è possibile trattare con chi oltraggia l’unità della Repubblica?”. La Mussolini durante l’intervento fa risuonare in aula le note dell’inno nazionale. Borghezio dice che “Bossi è un patriota”. Lo spettacolo va scemando, l’Umberto decide di telefonare a Silvio. Il Cavaliere gli conferma che non ha nessuna intenzione di intervenire contro la sua sparata. Bossi incassa, il dito medio ha pagato.


La vera opposizione: cappio e camicia verde

17 luglio 2008

La mitologica immunità parlamentare era spirata con il biennio manettaro di Tangentopoli. A rispolverarla ci ha pensato lui, il Silvio nazionale. La ricetta berlusconiana per riformare la giustizia italica è una rivoluzione: “Separazione delle carriere, riforma del Csm, priorità dell’azione penale e niente più procedimenti contro deputati e senatori”. La Lega si è messa di traverso ma il Cavaliere da quell’orecchio non ci sente: “A settembre cambierò la giustizia dalle fondamenta. Nessuno mi fermerà”. Non abbiamo dubbi.

A Bossi sarà tornato in mente Luca Leoni Orsenigo, pacato leghista della prima ora che fece penzolare un cappio in Parlamento. Correva l’aprile del 1993 e dieci giorni dopo l’Aula negò l’autorizzazione a procedere contro Craxi. Calderoli (che per un pomeriggio gioca a fare il leader dell’opposizione) ha provato a spiegare al Cavaliere che le priorità del Paese sono altre, tipo il federalismo che la Lega ha promesso ai suoi elettori. Il Senatùr per ora tace ma se Berlusconi non farà un passo indietro – e, statene certi, non lo farà – nelle prossime ore lancerà frecciate contro il premier. Tremonti in un’intervista a La Stampa ha annunciato i venti catastrofici della grande depressione economica. Ma Berlusconi se ne frega: economia e riforme possono attendere, “l’emergenza – tuona Silvio – è la giustizia”.

Da Di Pietro piovono le solite bordate: “Quallo di Berlusconi è un piano criminale e criminogeno, pare quello della P2 di Licio Gelli”. Il Pdl lo ricopre di insulti: “Farnetica”, “si deve vergognare”. Nel migliore dei casi (Bonaiuti) “suscita orrore”. Sull’immunità parlamentare il Pd cincischia. Inutile scorrere le agenzie di stampa, i big non parlano. L’unico a rilasciare una dichiarazione è un perfetto sconosciuto, tale Luigi Lusi. L’onorevole democratico si limita a dire che “l’immunità parlamentare non è la priorità del Paese “. Si chiama opposizione soft. E poi l’immunità parlamentare risolverebbe non pochi guai anche al Pd. Violante è favorevole e anche D’Alema, in passato, ha accarezzato l’idea. Insomma, siamo alle solite: Berlusconi detta l’agenda e l’opposizione si divide.

La speranza si chiama Umberto Bossi. L’unica opposizione efficace in questa legislatura la può fare la Lega. Anche perchè al Senatùr disturba questo modo ruvido di trattare l’opposizione, il federalismo lui vorrebbe realizzarlo d’accordo con Veltroni per evitare sorprese referendarie (come accadde nel 2006). Dicono che il Cavaliere sia rimasto profondamente impressionato dall’arresto di Del Turco e dalla retata degli amministratori in Abruzzo. Intanto il ras della sanità abruzzese Angelini negli ultimi interrogatori ha tirato in ballo anche esponenti del Pdl sostenendo di aver sparso tangenti anche nelle loro tasche. Tanto vale, avrà pensato Silvio, approfittarne adesso. E pazienza se l’immunità parlamentare resta nell’immaginario collettivo il più impresentabile dei privilegi della Casta. L’antipolitica non lo sfiora. L’antipolitica è lui.


I sudori del giovane Walter

16 luglio 2008

“Basta farci del male, basta con i fratelli coltelli: siamo sotto attacco e ora più che mai dobbiamo restare uniti. Non fare quelli che si pugnalano da soli”. Per far risvegliare Veltroni dal coma politico ci sono volute più di cinque ore di discussione. A Roma fa un gran caldo, la prima riunione della direzione del Pd è una tortura, le frecciate alla segreteria non mancano. Walter suda. E’ stufo di sentirsi un pungiball. Il momento della strigliata alla truppa è maturo.

“Così non va”, tuona Veltroni. Nessun riferimento esplicito, nessun nome e cognome, nessuna “corrente” nel mirino. Anche se a D’Alema fischiano le orecchie. Il segretario, forte del fatto che per l’ennesima volta nessuno tira fuori l’arma del congresso anticipato, riprende in mano le redini democratiche e indica la rotta: uscire fuori dal chiuso delle stanze e tuffarsi tra la gente. Sperando che le gente non fugga a gambe levate, è sottinteso. Ragiona Walter: “Noi siamo gli unici che stanno sempre a discutere, mentre Fi e An sono anni che non riuniscono gli organismi dirigenti e nessuno dice niente. Noi siamo gli unici che stiamo sempre in mezzo al mare. Ora basta, tocchiamo terra, mettiamo la testa fuori”.

Nella sala qualcuno mugugna. La Bindi vuole togliersi il sassolino dalla scarpa, e ironizza: “Il Pd dovrebbe dotarsi di un coordinatore delle fondazioni, sarebbe l’uomo più potente…”. Rosy ce l’ha con il seminario dell’altroieri organizzato dal dream team D’Alema-Bassanini. Massimo ormai rema contro su tutti i fronti. Veltroni vuole il sistema spagnolo e D’Alema organizza un convegno per promuovere quello tedesco. Veltroni difende la vocazione maggioritaria del Pd e D’Alema tesse rapporti con Vendola e Casini. Veltroni elogia il bipolarismo e D’Alema lo gela: “Non ha prodotto governi di qualità. E la stabilità dei cattivi governi è il peggiore dei mali”. Veltroni archivia definitivamente il dialogo con Berlusconi e D’Alema dice che l’ipotesi di una grande coalizione Pd-Pdl non va demonizzata. Per fortuna la procura di Pescara ha arrestato Del Turco, almeno su questo Walter e Massimo mantengono la stessa linea: silenzio tombale.

Se D’Alema la pensa così, commentavano gli uomini di Veltroni “alla direzione avrebbe dovuto alzarsi in piedi e chiedere un congresso”. Ovviamente ciò non è avenuto. Massimo ha lasciato la sala ben prima dell’intervento di Walter. Ma le scintille non sono mancate. Una volta chiusa la relazione di Veltroni, usuale sipario sulla maratona democratica, Gianni Cuperlo ha preso la parola per replicare al segretario. Se lo avesse fatto quando il partito si chiamava ancora Ds, gli avrebbero tagliato una mano. Cuperlo assesta lo schiaffo: “Mi sono sentito svalutato e delegittimato dal richiamo di Veltroni a ridimensionare le discussione interne. Se non discutiamo qui, a una Direzione, dove lo dovremmo fare?”. Insomma, ci risiamo. Veltroni ha risposto a Cuperlo. Ma ormai aveva già ricominciato a sudare.


4 luglio 2008

Pornopolitica va in vacanza per qualche giorno. A presto.