Nel sole nel vento nel sorriso nel pianto

11 febbraio 2008

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E così Pier ci pensa sul serio, a lasciare l’ex Cdl. Il listone ha poco appeal, la presenza di Berlusconi è ingombrante, un macigno. Pare che stanotte il leader dell’Udc abbia dormito poco e male. Al risveglio, Paolo Bonaiuti l’ha rassicurato. «Spero si riesca a trovare una soluzione in grado di accontentare tutti». Quale? La svolta di An è difficilmente praticabile. La casella bianca al centro fra i due superpartiti è stata occupata dalla Rosa bianca, con cui l’alleanza è impossibile per motivi più personali che politici. Gianfranco Fini è stato chiaro: «Sarebbe davvero grave se gli amici dell’Udc non comprendessero l’importanza di ciò che sta accadendo e non contribuissero a rendere il Popolo della libertà più forte e credibile nei valori e nella sua capacità di governo».

“Se vuoi andare, addio”
I sondaggi danno il Pdl senza Pier al 37 per cento. Molto. Ma non abbastanza. Solo tre punti avanti al Pd, se decidesse di farsi affiancare da Di Pietro. Così Casini prende tempo. Sa che presentarsi da solo potrebbe essere un suicidio. Il quorum alla Camera è al 4 per cento. Fattibile, soprattutto se la Chiesa decidesse di sponsorizzarlo. Ma al Senato l’asticella è all’8, molto alta, irraggiungibile senza una mano lughissima. Marco Rizzo, numero due dei Comunisti Italiani, sente il pericolo: «Trovo inaccettabili i tentativi del Vaticano di influenzare in un senso o nell’altro la politica italiana. Peraltro buona parte delle gerarchie ecclesiastiche si ostina al sogno di un partito dei cattolici. Ma tra la Balena Bianca di Andreotti, De Gasperi, Forlani e l’Udc di Cuffaro, Cesa, Mele e Casini c’è un abisso. Meglio sarebbe una dichiarazione di equidistanza». Dichiarazione che, ufficialmente, è già arrivata. Ma la Chiesa è molto meno compatta di quanto appaia. E flirtare con l’ala meno istituzionale, per Casini, non dovrebbe essere un problema.

The good son
Certo, la prospettiva è cambiata. Col voto anticipato è svanito il sogno bianco di un sistema elettorale alla tedesca. E’ scomparsa l’ipotesi del dialogo con l’area teodem del Pd, rilanciata da Fassino stamattina- «Il modo con cui è stata trattata l’Udc dice che Berluconi e Fini non le riconoscono la dignità che si deve a un alleato» ha spiegato il birmano in una intervista a “La Stampa”- ma poco gradita a Pier, che nel pomeriggio ha frenato sull’ipotesi solitaria: «Uniti, ma nel rispetto delle diversità». Poi, il silenzio. Il gelo, fra Pdl e Udc, è reale. La solitudine si paga in lacrime, cantava Battisti. Non sarà così. Pier, alla fine, non ne verserà neanche una. Probabilmente ingoierà il rospo, come altre volte, e si unirà al listone come vuole Ruini. D’altra parte, Gianni Baget Bozzo non ha lasciato spazio a dubbi: «La Conferenza episcopale italiana è intervenuta per riconoscere che il leader del Pdl è quello nei quali i cattolici possono riconoscersi, ma che ciò deve avvenire attraverso l’inserimento del simbolo Udc nello schieramento». Passerà ancora qualche notte agitata, Pier. Poi, confermerà le parole di Baccini, uno che lo conosce bene. Uno che lo conosce troppo: «Ritornerà all’ovile, contrariamente al mandato che aveva ricevuto dal congresso nazionale». Amen.
Il vicario


Dove eravamo rimasti?

5 febbraio 2008

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Niente da fare. La ricreazione è finita. Marini ha accettato la sconfitta e rinunciato all’incarico. Ora Napolitano scioglierà le Camere. Il 13 aprile è la data più probabile per le elezioni. Prodi resta in carica per sbrigare gli affari correnti. Il Paese ha di fronte una nuova scintillante campagna elettorale.

E il referendum? Sarà per un’altra volta. Le 800mila firme raccolte da Guzzetta e Segni possono aspettare. La consultazione popolare è rinviata, tutto slitta di anno. Stessa sorte toccherà alle primarie che avrebbero dovuto consentire ai cittadini di scegliere i candidati del Partito democratico. Ora non le vuole più nessuno. La versione ufficiale è che “ormai non c’è più tempo”.

Nel Pd intanto si affilano i coltelli. Prodi invoca un “rinnovamento delle liste”, Bettini avverte: “Non useremo il bilancino”. La sanguinosa lotta per un posto al sole sta per cominciare. Veltroni vuole facce nuove perchè l’ardita operazione “soli contro tutti” non ammette sbagli. A farne le spese i parlamentari con tre legislature (o più) sulle spalle che potranno costituire al massimo il 10% degli eletti. I big a rischio sono tanti: da De Mita a Visco, da Violente a Mattarella.

Nella Cdl si litiga già come ai bei tempi andati. Fini vuole sbarazzarsi dei partitini di destra (Mussolini e Storace), Giovanardi abbandona l’Udc e passa armi e bagagli con il Cavaliere. Berlusconi intanto non ha ancora deciso che fare del Pdl (e della Brambilla): una lista a parte? Un richiamo nel simbolo di Forza Italia? Mistero. Intanto lady Mastella annuncia che potrebbe candidarsi con Berlusconi. Dai domiciliari al Parlamento: il passaggio è stretto ma la strada è ben battuta.

Il terzo incomodo è la Rosa Bianca. Sono i nuovi democristiani nati dall’asse Pezzotta-Baccini-Tabacci. Andranno alle elezioni da soli e vorrebbero essere il terzo Polo del Parlamento. D’Alema ci spera e già sogna un’alleanza: è la (vecchia) formula sinistra+moderati di centro, quella che Baffino persegue da 15 anni a questa parte. Beppe Grillo invece fa sapere che non si candiderà: “Spazio ai giovani”, dice lui.

E poi c’è Il Giornale berlusconiano che ipotizza un’alleanza Pd-Forza Italia. Nulla di più lontano dalla realtà. Il Pd è taglia corto: “Non esiste”. Il Cav. liquida invece l’indiscrezione con uno vocabolo equivoco: “E’ solo utopia”. Interessante lapsus: Berlusconi in realtà intendeva dire “fantasia” o qualcosa di simile.


Pizzeria La Rosa Bianca

31 gennaio 2008

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Moriremo democristiani. L’incubo della balena bianca è tornato. Merito della scissione di due (ex) Udc: Mario Baccini e Bruno Tabacci. Gemelli diversi, c’è già chi parla di “Tabaccini”. Il primo è un politico da piazza, vicino a Ruini, firmatario del Manifesto di Pezzotta. L’altro è l’incarnazione dell’operosa Dc lombarda.

Baccini è stato l’unico a sfilarsi dal documento di fedeltà alla linea Casini-Cesa delle “elezioni subito”. Il lombardo Tabacci (aria da professore, già presidente della regione, ottimi rapporti con gli industriali e i volenterosi dei due schieramenti: da Tremonti a Bersani), gli è poi andato dietro. Poca cosa dal punto di vista numerico (un deputato e un senatore), molto da quello politico: il 18 per cento dell’Udc è in mano loro. I due ci credono: “Serve una iniziativa nuova al centro. Potrà essere una Rosa Bianca, un fiore offerto alla speranza degli italiani”.

Il giudizio di Casini è piccato: “Inutile, non vale neanche la pena di parlarne”. La prima (e unica) adesione, per ora, è quella di Savino Pezzotta, ex sindacalista e organizzatore del Family-day. Hanno risposto “picche” il presidente di Confindustria Montezemolo e l’ex commissario Ue Monti. Il Pd già strizza l’occhio al nuovo movimento politico. E lo fa con le parole di Follini: “Una scelta che merita comprensione”. E poi c’è Di Pietro. Tonino gioca su più tavoli: tiene buoni rapporti col Pd e flirta con i post-dc.

Intanto Napolitano ha incaricato Marini di formare un governo per fare la legge elettorale. Il presidente del Senato avrebbe posto come condizione il via libera da parte di Berlusconi: “O convinco il Cavaliere o rinuncio all’impresa. Non farò la caccia al senatore”. Il Cavaliere non ci pensa nemmeno. An e Casini sono con lui. Insomma, serve un miracolo. La Lega, pacatamente, ha gridato al golpe e ha annunciato l’Aventino padano: “Se nasce un governo ritiriamo i nostri parlamentari”.


Waiting for the miracle

30 gennaio 2008

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La crisi si avvita, le elezioni sono sempre più vicine. Le consultazioni sono terminate. L’Udc sta con Berlusconi. Chi contava su Casini per far nascere il nuovo governo è deluso. Tra i centristi Tabacci e Baccini sono insofferenti alla disciplina del partito ma non se la sentono di passare il guado da soli.

Perde quota l’ipotesi di un mandato pieno per formare un governo di altissimo profilo zeppo di personalità super partes. Napolitano opterà per una soluzione più sobria, quella di un “esploratore” (attenzione: il termine va spogliato di ogni connotazione romantica) che proverà a capire se è possibile un’intesa almeno sulla legge elettorale. Il nome? Sempre lo stesso: Franco Marini. Ma – allo stato attuale – il presidente del Senato non incontrerà le condizione per formare un nuovo governo. Comunque vada, si torna alle urne prima dell’estate (13 aprile?).

La pietra tombale sulla crisi l’ha messa Casini: “Niente governicchi né pasticci, è inutile perdere tempo, meglio le elezioni anticipate”. Oggi il leader dell’Udc incontrerà Berlusconi. Il Cavaliere potrebbe ammazzare per lui il famoso “vitello grasso”. Silvio ha già pronta l’offerta irrifiutabile per l’amico ritrovato: ministero degli Esteri. Veltroni pare ormai rassegnato. L’uncico che resiste sulla linea del Piave è D’Alema: le elezioni a primavera regalerebbero a Walter la possibilità di scegliere tutti i candidati del Pd. E a quel punto addio baffino.

Marini ci proverà lo stesso. Quante possibiltà di successo ha? Praticamente zero. I poteri forti sono con lui: Ue, vescovi, Confindustria e Confcommercio hanno ribadito la necessità di una nuova legge elettorale prima di andare al voto. Ma non basta. Berlusconi è irremovibile. Casini da solo non si muove. Mastella non sembra disposto a tornare indietro. Dini forse sì, ma non basta. A quel punto la parola tornerebbe a Napolitano e l’unica via d’uscita sarebbero le elezioni a primavera. E poi tre anni di Silvio, due di Fini (l’accordo per la staffetta c’è già) e nel 2013 il Cavaliere pronto per la presidenza della Repubblica.

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SPECIALE CRISI: le “quote” di Pornopolitica:
Elezioni (80%) (favorevoli: Forza Italia, An, Lega, La Destra, Udeur)
Governo per le riforme (20%) (favorevoli: Pd, Rifondazione, Udc, Pdci, Verdi, Italia dei Valori, Radicali, Liberaldemocratici) – (papabile: Marini)
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