E così Pier ci pensa sul serio, a lasciare l’ex Cdl. Il listone ha poco appeal, la presenza di Berlusconi è ingombrante, un macigno. Pare che stanotte il leader dell’Udc abbia dormito poco e male. Al risveglio, Paolo Bonaiuti l’ha rassicurato. «Spero si riesca a trovare una soluzione in grado di accontentare tutti». Quale? La svolta di An è difficilmente praticabile. La casella bianca al centro fra i due superpartiti è stata occupata dalla Rosa bianca, con cui l’alleanza è impossibile per motivi più personali che politici. Gianfranco Fini è stato chiaro: «Sarebbe davvero grave se gli amici dell’Udc non comprendessero l’importanza di ciò che sta accadendo e non contribuissero a rendere il Popolo della libertà più forte e credibile nei valori e nella sua capacità di governo».
“Se vuoi andare, addio”
I sondaggi danno il Pdl senza Pier al 37 per cento. Molto. Ma non abbastanza. Solo tre punti avanti al Pd, se decidesse di farsi affiancare da Di Pietro. Così Casini prende tempo. Sa che presentarsi da solo potrebbe essere un suicidio. Il quorum alla Camera è al 4 per cento. Fattibile, soprattutto se la Chiesa decidesse di sponsorizzarlo. Ma al Senato l’asticella è all’8, molto alta, irraggiungibile senza una mano lughissima. Marco Rizzo, numero due dei Comunisti Italiani, sente il pericolo: «Trovo inaccettabili i tentativi del Vaticano di influenzare in un senso o nell’altro la politica italiana. Peraltro buona parte delle gerarchie ecclesiastiche si ostina al sogno di un partito dei cattolici. Ma tra la Balena Bianca di Andreotti, De Gasperi, Forlani e l’Udc di Cuffaro, Cesa, Mele e Casini c’è un abisso. Meglio sarebbe una dichiarazione di equidistanza». Dichiarazione che, ufficialmente, è già arrivata. Ma la Chiesa è molto meno compatta di quanto appaia. E flirtare con l’ala meno istituzionale, per Casini, non dovrebbe essere un problema.
The good son
Certo, la prospettiva è cambiata. Col voto anticipato è svanito il sogno bianco di un sistema elettorale alla tedesca. E’ scomparsa l’ipotesi del dialogo con l’area teodem del Pd, rilanciata da Fassino stamattina- «Il modo con cui è stata trattata l’Udc dice che Berluconi e Fini non le riconoscono la dignità che si deve a un alleato» ha spiegato il birmano in una intervista a “La Stampa”- ma poco gradita a Pier, che nel pomeriggio ha frenato sull’ipotesi solitaria: «Uniti, ma nel rispetto delle diversità». Poi, il silenzio. Il gelo, fra Pdl e Udc, è reale. La solitudine si paga in lacrime, cantava Battisti. Non sarà così. Pier, alla fine, non ne verserà neanche una. Probabilmente ingoierà il rospo, come altre volte, e si unirà al listone come vuole Ruini. D’altra parte, Gianni Baget Bozzo non ha lasciato spazio a dubbi: «La Conferenza episcopale italiana è intervenuta per riconoscere che il leader del Pdl è quello nei quali i cattolici possono riconoscersi, ma che ciò deve avvenire attraverso l’inserimento del simbolo Udc nello schieramento». Passerà ancora qualche notte agitata, Pier. Poi, confermerà le parole di Baccini, uno che lo conosce bene. Uno che lo conosce troppo: «Ritornerà all’ovile, contrariamente al mandato che aveva ricevuto dal congresso nazionale». Amen.
Il vicario