La politica in terra di cannoli

7 aprile 2008

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Oggi voliamo alto. Abbiamo intervistato un politico che sa fare il suo mestiere. Si chiama Claudio Fava. Per le elezioni del 13/14 aprile è candiato per il Senato come capolista della Sinistra Arcobaleno in Sicilia. Giornalista prestato alla politica, è stato tra i fondatori de La Rete con Leoluca Orlando, Nando Dalla Chiesa e Diego Novelli.

Segretario regionale dei Ds in Sicilia dal 1999 al 2001, Fava entra successivamente nella direzione nazionale dei DS e diventa europarlamentare per due mandati concecutivi. Il suo ultimo libro, “Quei bravi ragazzi”, racconta un anno di lavoro alla guida della Commissione d’inchiesta di Bruxelles sulla CIA e le extraordinary renditions. Ma oggi parliamo di elezioni e di Sicilia.

Allora Fava, chi vincerà?
Berlusconi, senza dubbio.

Capolista al Senato per la Sinistra Arcobaleno in Sicilia. Fava, ma lei è pazzo?
Pazzo perchè la sfida è impossibile? O perchè ho scelto Sinistra-Arcobaleno? Le confesserò: mi sarei ritenuto pazzo a candidarmi capolista al Senato per il Partito democratico, avendo alle mie spalle, nella stessa lista, Mirello Crisafulli.

Sì, ma l’otto per cento per voi è un miraggio…
E noi faremo di tutto per farcela.

Con Fausto tutto bene?
Certo, con Bertinotti vado d’accordo. Sia sul piano personale che su quello politico.

Non sarebbe stato meglio un leader un po’ più giovane e brioso? Che ne dice di Vendola?
Sono d’accordo: Nichi era un candidato ideale, non solo e non tanto per l’età ma per la sua capacità di fare dell’impegno politico una grande suggestione e passione civile.

Veltroni ha detto alla mafia di “non votare Pd”. Che ne pensa?
Fa bene. Probabilmente ha in mente alcuni suoi candidati siciliani che i voti della mafia potrebbero raccoglierli e accoglierli.

Secondo Casini “non è giusto che le liste le faccia la magistratura”.
Infatti le liste dell’Udc le ha fatte Casini. Solo lui poteva ricandidare capolista al senato un signore, Cuffaro, condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Veltroni dice che “per fare le riforme serve un’intesa col Cavaliere”. Prodi invece si era sempre detto fieramente “incompatibile” con Berlusconi. Lei da che parte sta?
Non amo gli inciuci nè i consociativismi. Non sto con il Pd ma con Sinistra Arcobaleno anche per questo.

D’accordo ma l’anti-berlusconismo è roba superata…
Non per i cittadini. Prendiamo il nodo del conflitto d’interessi: non è vero che agli elettori non importa nulla. E infatti l’argomento è tra le priorità della Sinistra Arcobaleno.

Torniamo in Sicilia: che cosa ne pensa della candidatura di Sonia Alfano?
E’ inutile. Servirà solo a togliere qualche voto di protesta a chi la lotta alla mafia e per i diritti dei siciliani la fa per davvero, nelle piazze e dentro le istituzioni.

La Finocchiaro ha qualche speranza di farcela?
Temo proprio di no. Vincerà Lombardo che è un Cuffaro fresco di lavanderia.

Sta parlando di quel Cuffaro che i suoi conterranei hanno votato e voteranno in massa?
Verissimo. Ma i siciliani ogni tanto hanno un lampo di indignazione che li porta a raddrizzare la schiena. Ogni tanto…

Casini candida anche Salvatore Cintola, Saverio Romano, Calogero Mannino e Giusy Savarino. Ma anche a sinistra gli uomini dell’anti-mafia sono stati stati messi da parte.
E’ vero il contrario. A sinistra chi si è battuto contro la mafia sta in lista: io sono capolista al Senato in Sicilia per Sinistra-Arcobaleno, Forgione in Calabria, la Borsellino candidata alle regionali siciliane e al Senato.

Mi riferivo al Pd…
In tal caso la domanda è mal formulata: quello di Veltroni non è affatto un partito di sinistra, per ammissione del suo stesso leader.

L’idea di inviare l’esercito in Sicilia è proprio una follia? Verrebe da dire: meglio il controllo dell’esercito che quello della mafia.
Non è una follia se serve ad affrancare dalla vigilanza di “obiettivi sensibili” polizia e carabinieri. Come è utilmente accaduto in passato.

Varchiamo lo stretto: Crotone ha 60mila abitanti. E’ un paesone. Tutti sanno che dopo un barbaro omicidio scatterà la guerra tra clan. Tutti sanno che presto arriveranno altri morti. Non è un’assurdità che lo Stato non riesca a impedirlo.
Non è un’assurdità: è un limite. E la conseguenza di non aver realmente considerato la lotta alle mafie una priorità nel governo Prodi.
 
Allora Fava, che fa il 13 e il 14 aprile?
Starò con la mia famiglia, finalmente. E poi andrò a votare.
 
E dal 15 in poi?
Se prendiamo in Sicilia l’8% andrò a fare il senatore. Altrimento resterò al parlamento europeo.


Da Uolter al Grande Fratello

21 febbraio 2008

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E così Veltroni gioca a fare il duro. Il comandante in capo del Pd dà il benservito a De Mita, mette in riga Di Pietro e precipita nel panico ai radicali con un ultimatum secco, del tipo prendere o lasciare. L’ultima offerta alla cricca pannelliana – elaborata dal ras del loft Goffredone Bettini – consiste in nove seggi e la Bonino ministro. Ma niente simbolo apparentato, Walter vuole l’annessione.

La zampata letale all’ex leader Dc è stata cattivina: “44 in Parlamento bastano”. Ciriaco non la prende bene e sbatte la porta: “Il limite di età è un insulto, mi sento offeso”. D’Alema si dice “dispiaciuto” ma Veltroni tira dritto. A chi gli chiede se ha intenzione di ricucire con De Mita risponde con un pacato “no”. Adesso l’ex Dc punta dritto sulla Rosa bianca del suo (ex) allievo Bruno Tabacci. In dote “don Ciri” porta qualche migliaio di voti da quel di Nusco e della provincia di Avellino. Visco invece gioca d’anticipo e si sfila dalle liste del Pd un minuto prima di essere tagliato fuori da Walter.

Berlusconi è sommerso dalle grane. Dopo il niet Fini salta l’apparentamento della lista pro-life con il Pdl. Ferrara non correrà dunque a sindaco di Roma. A predersi una batosta da Rutelli verrà spedita la giovane finiana Giorgia Meloni. Piovono guai anche dalla Sicilia. Per il dopo-Cuffaro Silvio vuole candidare Lombardo. Ma Gianfranco Miccichè (ex ministro assurto alle cronache per il solito vizietto) si mette di traverso. E Totò vasa-vasa non ha intenzione di farsi da parte. Calderoli fotografa la situazione dell’isola con il consueto savoir-faire: “Sono tutti matti”.

Big Brother all’amatriciana. Il Cav. è alla disperata ricerca di nuovi nomi per le liste del Pdl. Vuole facce nuove per emulare Veltroni. I boatos di Palazzo sono inquietanti: Renato “Betulla”Farina, il generale Speciale, Peppino Di Capri a Napoli e Angela Sozio in Puglia. Come chi è? Trattasi della rossa del Grande Fratello già paparazzata mano nella mano con Silvio a villa Certosa. Nel fortino lombardo invece Berlusconi cala gli impresentabili: la Brambilla alla Camera e Dell’Utri al Senato. E a proposito di impresentabili: Ferrara è pronto ad imbarcare nella sua lista Antonio Fazio, patron dei furbetti.

Grandi manovre nel piccolo centro. Adesso siamo alla fase del mercato delle poltrone. Casini ha visto Pezzotta e si è detto disponibile a modificare il simbolo dell’Udc. Ma i rosabianchisti continuano a dire che “il candidato premier è Tabacci”. Baccini sfotte: “Casini può fare il leader, anche il leader planetario”. In realtà nel suk neodemocristiano l’intesa la troveranno: Pier correrà da premier, Tabacci sarà segretario del nuovo partito, Pezzotta ne diventerà presidente e Cesa farà il disoccupato. Anche perchè senza accordo, come dice Mastella, “si finisce tutti in mezzo alla strada”.


Nel sole nel vento nel sorriso nel pianto

11 febbraio 2008

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E così Pier ci pensa sul serio, a lasciare l’ex Cdl. Il listone ha poco appeal, la presenza di Berlusconi è ingombrante, un macigno. Pare che stanotte il leader dell’Udc abbia dormito poco e male. Al risveglio, Paolo Bonaiuti l’ha rassicurato. «Spero si riesca a trovare una soluzione in grado di accontentare tutti». Quale? La svolta di An è difficilmente praticabile. La casella bianca al centro fra i due superpartiti è stata occupata dalla Rosa bianca, con cui l’alleanza è impossibile per motivi più personali che politici. Gianfranco Fini è stato chiaro: «Sarebbe davvero grave se gli amici dell’Udc non comprendessero l’importanza di ciò che sta accadendo e non contribuissero a rendere il Popolo della libertà più forte e credibile nei valori e nella sua capacità di governo».

“Se vuoi andare, addio”
I sondaggi danno il Pdl senza Pier al 37 per cento. Molto. Ma non abbastanza. Solo tre punti avanti al Pd, se decidesse di farsi affiancare da Di Pietro. Così Casini prende tempo. Sa che presentarsi da solo potrebbe essere un suicidio. Il quorum alla Camera è al 4 per cento. Fattibile, soprattutto se la Chiesa decidesse di sponsorizzarlo. Ma al Senato l’asticella è all’8, molto alta, irraggiungibile senza una mano lughissima. Marco Rizzo, numero due dei Comunisti Italiani, sente il pericolo: «Trovo inaccettabili i tentativi del Vaticano di influenzare in un senso o nell’altro la politica italiana. Peraltro buona parte delle gerarchie ecclesiastiche si ostina al sogno di un partito dei cattolici. Ma tra la Balena Bianca di Andreotti, De Gasperi, Forlani e l’Udc di Cuffaro, Cesa, Mele e Casini c’è un abisso. Meglio sarebbe una dichiarazione di equidistanza». Dichiarazione che, ufficialmente, è già arrivata. Ma la Chiesa è molto meno compatta di quanto appaia. E flirtare con l’ala meno istituzionale, per Casini, non dovrebbe essere un problema.

The good son
Certo, la prospettiva è cambiata. Col voto anticipato è svanito il sogno bianco di un sistema elettorale alla tedesca. E’ scomparsa l’ipotesi del dialogo con l’area teodem del Pd, rilanciata da Fassino stamattina- «Il modo con cui è stata trattata l’Udc dice che Berluconi e Fini non le riconoscono la dignità che si deve a un alleato» ha spiegato il birmano in una intervista a “La Stampa”- ma poco gradita a Pier, che nel pomeriggio ha frenato sull’ipotesi solitaria: «Uniti, ma nel rispetto delle diversità». Poi, il silenzio. Il gelo, fra Pdl e Udc, è reale. La solitudine si paga in lacrime, cantava Battisti. Non sarà così. Pier, alla fine, non ne verserà neanche una. Probabilmente ingoierà il rospo, come altre volte, e si unirà al listone come vuole Ruini. D’altra parte, Gianni Baget Bozzo non ha lasciato spazio a dubbi: «La Conferenza episcopale italiana è intervenuta per riconoscere che il leader del Pdl è quello nei quali i cattolici possono riconoscersi, ma che ciò deve avvenire attraverso l’inserimento del simbolo Udc nello schieramento». Passerà ancora qualche notte agitata, Pier. Poi, confermerà le parole di Baccini, uno che lo conosce bene. Uno che lo conosce troppo: «Ritornerà all’ovile, contrariamente al mandato che aveva ricevuto dal congresso nazionale». Amen.
Il vicario


Lo chiamavano Vasa Vasa

19 gennaio 2008

Segni della croce e lacrime di felicità nell’aula bunker di Palermo. Ma qualcosa non torna: Totò Cuffaro è stato appena condannato a cinque anni di reclusione per favoreggiamento semplice nel processo per le “talpe” alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Al presidente della Regione Siciliana è stata applicata anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Con lui sono stati condannati medici, professionisti e investigatori. Secondo i pm, uno scenario “desolante”.

E’ stato il processo alla “nuova mafia”, quella che non uccide ma che si infiltra tra i vertici delle istituzioni. Cuffaro parlava troppo. E lo faceva con le persone sbagliate. Il presidente della regione Sicilia è stato ritenuto colpevole di aver favorito la mafia rivelando al boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro che la Dia aveva piazzato delle spie nella sua abitazione. I giudici affermano che “la condotta di Cuffaro è una fotografia di rara nitidezza e di altrettanto rara concretezza di quel particolare fenomeno criminale che viene comunemente indicato come intreccio mafia-politica-affari-coperture istituzionali”. E’ stato il processo che ha fatto a pezzi la procura di Palermo: proprio per le polemiche su come mandare a processo il governatore e quali reati contestargli.

L’imprenditore della sanità privata Michele Aiello, definito un “prestanome” di Provenzano, è stato condannato a 14 anni per mafia, e l’ex maresciallo dei carabinieri del Ros Giorgio Riolo, l’esperto di tecnologia che la notte piazzava microspie e telecamere per catturare i latitanti e di giorno le rivelava ad Aiello, ha avuto 7 anni. Tra gli altri imputati ci sono il radiologo Aldo Carcione (4 anni e sei mesi), l’ex consigliere comunale di Bagheria dell’Udc Roberto Rotondo (un anno), il vicequestore di polizia Giacomo Venezia (tre anni), il medico Michele Giambruno (nove mesi) e vari funzionari della.

I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa alla violazione del segreto istruttorio, al concorso in associazione mafiosa, alla corruzione, al favoreggiamento, abuso d’ufficio, truffa e falso ideologico. E Totò che fa? Appena letta la sentenza si fionda sui cronisti e col piglio del vincente dichiara: “Resto presidente della regione: non ho mai favorito la mafia. Quello che farò lo sapete già. Domani alle 8 sarò al mio tavolo da lavoro. Grazie a tutti i siciliani che mi hanno sostenuto”. Il dispaccio Ansa dellle 17,43 recita: “Colpevole senza aggravante”. Il diluvio dichiarazioni politiche di solidarietà non tarda ad arrivare.

Qualche ingenuo cronista intanto cercava di capire perché il paffuto vicerè di Sicilia dimostrasse tanta gioia di fronte a una pena certamente non lieve. Il Governatore non è stato condannato per aver favorito l’organizzazione Cosa Nostra ma alcuni esponenti di essa. La sentenza dimostra l’esistenza delle talpe e del favoreggiamento. E’ rimasto provato il favoreggiamento da parte del presidente della Regione di singoli mafiosi senza che tutto ciò fosse ritenuto sufficiente per supportare l’accusa di aver favorito Cosa Nostra nel suo complesso. Ma ormai la gracassa mediatica era già al lavoro: Totò è colpevole, sì. Ma non troppo.

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Fronte governo: per lunedì o martedì l’Uduer ha chiesto una mozione condivisa da tutta la maggioranza che approvi il discorso pronunciato da Mastella la scorsa settimana, quello in cui ha attaccato i magistrati “estremisti”. Di Pietro ha già fatto sapere che non lo sottoscriverà. L’incidente è nell’aria. Mercoledì c’è la mozione contro Pecoraro Scanio e si decide sulla “bozza Bianco” per la legge elettorale. Se qualcuno si vorrà sfilare la sfiducia al ministro dell’ambiente sarà un’occasione ghiotta. Silurato lui, infatti, si aprirebbe automaticamente la crisi.Berlusconi fiuta il sangue e da qualche giorno è tornato a dialogare con i centristi della maggioranza ed a parlare di elezioni. Intanto sotto il Vesuvio il Cavaliere si becca una richiesta di rinvo a giudizio, causa le cinque attrici raccomandate all’amico Saccà di RaiFiction. L’accusa è di corruzione. E Berlusconi giura vendetta: “Spero che si vada presto al voto per fare una riforma in profondità della magistratura…”. Su questo fronte Prodi tace. Deve pensare a come superare il dicktat dei mastelliani. Quel minaccioso “tutti con noi o sarà crisi”. E Mastella spiega divertito che “ora Romano dovrà ballare la rumba di Ceppaloni”.