Pronti… partenza… via

28 febbraio 2008

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La faccenda si potrebbe anche spiegare così: da una parte è finito l’idillio veltroniano, dall’altra Silvio ha iniziata a fare campagna elettorale. Walter è alle prese con le scintille tra laici e cattolici. Berlusconi, trovata la quadra sulla spartizione delle poltrone, può apprestarsi a fare quello che gli riesce meglio: menare schiaffi agli avversari. 

Il Pd, dopo la settimana di esaltazione per l’avvio della camagna elettorale, è alle prese con la guerra tra teodem-popolari e laici. I cattolici, nelle vesti di “parte offesa”, rivendicano poltrone. Nel mirino c’è l’accordo con i radicali. E’ la babele dei distinguo; il ritorno dei personalismi; il trionfo della “corrente” in perfetto stile democristiano. Vagli a spiegare che a Franceschini &co andranno solo nove parlamentari su 270. Veltroni si è dovuto precipitare al convegno dei cattolici per annunciare le candidature di due Papa-boys: il filosofo Mario Ceruti e Andrea Sarubbi, il belloccio di Radio vaticana.

Tutti gli amici del Cav. Dopo 24 ore di trattative Forza Italia e An hanno trovato la quadra: agli ex-missini andrà un posto su quattro. Il resto, come ha spiegato Fini ai suoi, “è un problema di Silvio”. Il fatto è che a bussare alla porta di Berlusconi sono in tanti. I democristiani di Rotondi, la Mussolini, La Malfa, Dini, i Riformatori liberali (?), i fuggitivi dell’Udc (Giovnardi), Dini, Mastella e De Gregorio. Silvio ha elargito promesse e firmato cambiali. Adesso le truppe cammellate presentano il conto. Ma il Cavaliere fa il tirchio e qualcuno rimarrà deluso. La Brambilla aveva chiesto 30 parlamentari: Silvio gliene ha dati tre.

I soliti impresentabili. Berlusconi e Fini pensano a Ciarrapico, l’imprenditore “nero” grande amico di Andreotti e della destra nostalgica. L’obiettivo è candidarlo nel Lazio per erodere consensi alla destra storaciana. Un altro nome che circola è quello di Flavio Briatore che potrebbe cedere alle lusinghe dell’amica Daniela Santanchè. Berlusconi intanto ha deciso di fare campagna elettorale. I primi fendenti sono per Tonino: “Di Pietro mi fa orrore, è il campione delle manette”. Veltroni invece prepara un altro colpo sul fronte candidature: Gianni De Gennaro. Dopo De Sena e Serra sarebbe il terzo prefetto del Pd: i numeri per creare una nuova corrente “law & order” ci sono.

Di lotta e (non più) di governo. A ravvivare la campagna elettorale ci pensa la Cosa Rossa. Fausto ha presentato il suo programma duro e puro: “Basta con le missioni Nato, reintroduzione della scala mobile e salario sociale di mille euro netti”. Intanto tra Udc e Rosa bianca la trattativa langue: non c’è intesa né sulle poltrone, né sui nomi da candidare. Ma visto che si tratta di vita o morte, l’accordo si troverà.


Bandiera rossa 2.0. (seconda puntata)

25 febbraio 2008

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Qualche giorno fa avevamo scovato una gustosa gaffe sul sito http://www.votaberlusconi.it: la canzone “Avanti popolo” veniva proposta come l’inno ufficiale del Popolo della Libertà. Antonio Palmieri, responsabile comunicazione elettorale e internet Forza Italia aveva scritto a Pornopolitica per dirci che non era un errore ma si trattava di sana autoironia.

Ecco la missiva di Palmieri, datata 20 febbraio:

Mi dispiace che voi prendiate l’ironia e l’autoironia per una gaffe. Ci hanno segnalato questo video, l’abbiamo inserito – la parola inno è tra virgolette – perchè abbiamo apprezzato l’ironia nei nostri confronti e, come abbiamo sempre fatto, non ci siamo sottratti ad essa. Ritengo e riteniamo che anche in campagna elettorale ci debba sempre essere spazio per un sorriso. O no?
Antonio Palmieri, responsabile comunicazione internet Forza Italia.

Caro Antonio, ci avevamo (quasi) creduto. La storia dell’autironia e del sorriso non era neanche male. E poi è da sempre un cavallo di battaglia di Silvio. Ora, però, una domanda sorge spontanea: perchè avete tolto il video “incriminato” dal sito? Su www.votaberlusconi.it non c’è più traccia del filmato! Sparito. Nulla di nulla. Strana coincidenza, anche perchè tutti gli altri video caricati da YouTube sono ancora lì, nell’apposita sezione “pescati dalla rete”. Che dire? Vota-antonio, vota-antonio, vota-antonio. Palmieri, s’intende.

P.S.: il filmato è questo:


Quelli con la bava alla bocca

25 febbraio 2008

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Santanchè premier, Storace al Campidoglio, Buontempo presidente della Provincia di Roma e Musumeci che minaccia di correre per il dopo-Cuffaro. Fallito l’accordo con Berlusconi, La Destra cala i big. Proprio nei posti dove può fare male. No, vincere no: l’importante è dare fastidio. E magari superare l’asticella del 4%, giusto per non morire.

Loro sono “quelli con la bava alla bocca”, come dice Daniela Santanchè. L’obiettivo è prosciugare elettori in libera uscita da Alleanza nazionale, il cui simbolo scomparirà dalle schede elettorali. Un sondaggio di Mannheimer pubblicato sul Corriere della Sera li dà al 3%, ma l’indovino prediletto da Bruno Vespa avverte che il mercato potenziale dei cuori (mezzi) neri può arrivare al 12%. Qualche voto lo porterà pure la Fiamma Tricolore. E dopo l’accordo con Luca Romagnoli pare lecito parlare di una nuova “Cosa nera”.

Il 10 novembre scorso, quando gli scissionisti di An si sono presentati in pubblico, tutto lasciava intendere che in cuor loro accarezzassero una semplice operazione-nostalgia. I saluti romani, i camerati commossi e quell’inequivocabile frase di Epurator Storace (“Nessuna coalizione ci potrà mai chiedere di andare in un’agenzia di viaggi per fare un biglietto per Gerusalemme per maledire il fascismo”) parevano folklore o poco più. Ma da qualche giorno lo scenario è cambiato: An non esiste più, tra gli ex-missini dilaga lo scontento, a destra c’è un buco da colmare.

E così il trio Storace-Santanchè-Buontempo adesso ci crede. Superare la soglia di sbarramento per eleggere deputati non è più una chimera. Epurator intanto mena con la vanga: “Ci volevano comprare offrendo la rielezione a noi parlamentari uscenti, ma non hanno capito chi siamo”. Berlusconi? “Si pentirà della sua scelta [quella di non imbarcare La Destra, n.d.r.], i cittadini hanno compreso che la nostra non è una battaglia per le poltrone, è la battaglia per fermare la politica degli inciuci e l’arroganza della casta”. Un Beppe Grillo con venature fascistoidi.

Fini ha paura. La base è delusa. Il nutrito popolo del saluto romano potrebbe scaricare l’ex delfino di Almirante (mentre donna Assunta l’ha già fatto da tempo). L’appeal dei colonnelli di An è scarso. Difficile appassionarsi a personaggi come Gasparri o Matteoli, berluscones qualunque. Uomini con “le palle di velluto”, come li apostrofò la Daniela nazionale. E così a sindaco di Roma il Pdl candida Gianni Alemanno, il più destrorso tra i sopravvissuti di An, l’unico in grado di arginare l’emorragia di consensi. Ma potrebbe non bastare. Epurator e er Pecora hanno nel Lazio un bacino di voti ai livelli di quello di An.

Poi ci sono le “fighe”, quelle dai tacchi vertiginosi, dai tailleur smilzi e dei gioielli da capogiro: sono le ragazze della Daniela. La candidatura a premier della Santanchè vorrebbe aggiungere un tocco di modernità al partito storaciano: “Solo l’originalità della destra poteva candidare una donna, trasformando le parole che abbiamo sentito in tutti questi anni dalla sinistra in fatti concreti”, dice l’appariscente amica di Briatore che non passa giorno senza assestare due-tre schiaffoni a Fini, “il peggiore dei traditori”.

A parte Roma, l’altro punto di forza è il catanese Nello Musumeci (116.000 preferenze alle Europee 2004). Anche se in queste ore Storace sta valutando un accordo locale con la coppia Lombardo-Cuffaro. In ballo ci sono il premio di maggioranza regionale in Senato e la (numericamente delicata) sfida con la Finocchiaro. A Milano La Destra presenta l’ex leghista e ex ministro Giancarlo Pagliarini. Donna Assunta Stramandinoli, vedova Almirante, strizza l’occhio a Epurator. E poi c’è il ritorno sulla scena di Giuseppe Ciarrapico, imprenditore ex presidente della Roma, dal cuore nero come la pece.


Da Uolter al Grande Fratello

21 febbraio 2008

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E così Veltroni gioca a fare il duro. Il comandante in capo del Pd dà il benservito a De Mita, mette in riga Di Pietro e precipita nel panico ai radicali con un ultimatum secco, del tipo prendere o lasciare. L’ultima offerta alla cricca pannelliana – elaborata dal ras del loft Goffredone Bettini – consiste in nove seggi e la Bonino ministro. Ma niente simbolo apparentato, Walter vuole l’annessione.

La zampata letale all’ex leader Dc è stata cattivina: “44 in Parlamento bastano”. Ciriaco non la prende bene e sbatte la porta: “Il limite di età è un insulto, mi sento offeso”. D’Alema si dice “dispiaciuto” ma Veltroni tira dritto. A chi gli chiede se ha intenzione di ricucire con De Mita risponde con un pacato “no”. Adesso l’ex Dc punta dritto sulla Rosa bianca del suo (ex) allievo Bruno Tabacci. In dote “don Ciri” porta qualche migliaio di voti da quel di Nusco e della provincia di Avellino. Visco invece gioca d’anticipo e si sfila dalle liste del Pd un minuto prima di essere tagliato fuori da Walter.

Berlusconi è sommerso dalle grane. Dopo il niet Fini salta l’apparentamento della lista pro-life con il Pdl. Ferrara non correrà dunque a sindaco di Roma. A predersi una batosta da Rutelli verrà spedita la giovane finiana Giorgia Meloni. Piovono guai anche dalla Sicilia. Per il dopo-Cuffaro Silvio vuole candidare Lombardo. Ma Gianfranco Miccichè (ex ministro assurto alle cronache per il solito vizietto) si mette di traverso. E Totò vasa-vasa non ha intenzione di farsi da parte. Calderoli fotografa la situazione dell’isola con il consueto savoir-faire: “Sono tutti matti”.

Big Brother all’amatriciana. Il Cav. è alla disperata ricerca di nuovi nomi per le liste del Pdl. Vuole facce nuove per emulare Veltroni. I boatos di Palazzo sono inquietanti: Renato “Betulla”Farina, il generale Speciale, Peppino Di Capri a Napoli e Angela Sozio in Puglia. Come chi è? Trattasi della rossa del Grande Fratello già paparazzata mano nella mano con Silvio a villa Certosa. Nel fortino lombardo invece Berlusconi cala gli impresentabili: la Brambilla alla Camera e Dell’Utri al Senato. E a proposito di impresentabili: Ferrara è pronto ad imbarcare nella sua lista Antonio Fazio, patron dei furbetti.

Grandi manovre nel piccolo centro. Adesso siamo alla fase del mercato delle poltrone. Casini ha visto Pezzotta e si è detto disponibile a modificare il simbolo dell’Udc. Ma i rosabianchisti continuano a dire che “il candidato premier è Tabacci”. Baccini sfotte: “Casini può fare il leader, anche il leader planetario”. In realtà nel suk neodemocristiano l’intesa la troveranno: Pier correrà da premier, Tabacci sarà segretario del nuovo partito, Pezzotta ne diventerà presidente e Cesa farà il disoccupato. Anche perchè senza accordo, come dice Mastella, “si finisce tutti in mezzo alla strada”.


Bandiera rossa 2.0.

19 febbraio 2008

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Presi dalla frenesia della campagna elettorale più soporifera della seconda Repubblica, gli strateghi della comunicazione di Forza Italia hanno di nuovo toppato. Sul neonato sito www.votaberlusconi.it la canzone “Bandiera rossa” diventa l’inno ufficiale del Popolo della Libertà.

Il magico mondo del World Wide Web continua insomma a rivelarsi un terreno minato per Silvio. Il sito www.forzaitalia.it, da oggi, non esiste più. O meglio: si viene reindirizzati automaticamente a www.votaberlusconi.it, il “il supergazebo on line per Berlusconi presidente”, come dice Antonio Palmieri, deputato, responsabile della comunicazione elettorale e internet di Forza Italia.

Si tratta di un sito dove l’utente può trovare i “cinque modi per iniziare la sua personale capagna elettorale”: offrendosi come rappresentante di lista, scrivendo qualcosa su un blog anti-Prodi, inviando uno dei manifesti elettorali del Pdl (che si può personalizzare col nome dell’amico a cui si manda l’email), scaricando foto e immaginette per il proprio computer e guardando filmati propagandistici o anti-Pd scovati sul web. E qui nasce il problema.

Galeotto fu YouTube. Tra i cinque video della sezione “Presi nella rete” ci sono quattro filmati contro i leader del centrosinistra. La sorpresa arriva con l’ultimo video, dal titolo “In esclusiva l’inno del nuovo partito di Berlusconi”. Invece della (orribile) canzone “Menomale che Silvio c’è”, di Andrea Vantini (il nuovo menestrello del Cavaliere), partono le note della storica “Avanti popolo”. La gaffe è in questa pagina:

http://pescatidallarete.forzaitalia.it/visualizza.php?id=873&spage=2

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Aggioramento – Mercoledì, ore 15:10
Se ne sono accorti. Dicono che non è una gaffe ma si tratta di autoironia. Voi ci credete?

Questa è la risposta di Antonio Palmieri, responsabile comunicazione elettorale e internet Forza Italia, indirizzata al blog Pornopolitica:

“Mi dispiace che voi prendiate l’ironia e l’autoironia per una gaffe. Ci hanno segnalato questo video, l’abbiamo inserito – la parola inno è tra virgolette – perchè abbiamo apprezzato l’ironia nei nostri confronti e, come abbiamo sempre fatto, non ci siamo sottratti ad essa.
Ritengo e riteniamo che anche in campagna elettorale ci debba sempre essere spazio per un sorriso. O no?”

Antonio Palmieri, responsabile comunicazione elettorale e internet Forza Italia


Beautiful country

18 febbraio 2008

Stiffoni (Lega): “La Santanchè è una neo passionaria del postfascismo”

Mura (Idv): “Il Pdl è un fritto misto”

Santanchè (La Destra): “Veltroni è un supervecchio”

Ferrando (Partito comunista dei lavoratori): “Votate il Partito comunista dei lavoratori. Non vi tradiremo”.

Urso (An): “Veltroni ci copia peggio dei cinesi”

Mussolini (Azione sociale): “Nell’Udc c’è chi ha organizzato festini a base di coca e prostitute. Questa è la gente di Casini!”

Al Bano Carrisi (cantante?): “Io candidato? Assolutamente no”

Bonaiuti (Pdl): “Il Pd è un’insalatona”

Casini (1) (Udc): “Le promesse di Veltroni e Berlusconi valgono zero”

Casini (2) (Udc): “Silvio è un autolesionista”

Storace (La Destra): “Il Pdl non è né maschio né femmina. E’ un ectoplasma”

Mastella (Udeur): “Diamoci una mano, ora che siamo tutti in mezzo a una strada”


Palla al centro

17 febbraio 2008

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Pier rompe gli indugi e varca il Rubicone. Casini il bello – dopo 14 anni di odi et amo con Silvio – dice addio al Caimano. Non è ancora il salto della quaglia tra le braccia di Veltroni, ma i boatos di Palazzo dicono che è solo una questione di tempo. Per la precisione 56 giorni. Perchè nella grande sbornia bipolarista, il gruzzolo di voti che raccimoleranno centristi potrebbe diventare decisivo per la formazione di un nuovo governo.

Pier si posiziona al centro e spariglia il tavolo. E adesso si scopre che Silvio non ha più l’oro in bocca. Il trend evidenziato dai sondaggi premia Veltroni: al loft del Pd parlano di due punti percentuali in più in dieci giorni di campagna elettorale. Ermete Realacci ci crede: “Possiamo vinere le elezioni”. Il responsabile della comunicazione del Pd, urla nel telefono per dirci che “Berlusconi rappresenta la vecchia politica”, per poi rassicurare che “Walter manterrà toni pacati, parlerà a tutti gli italiani e affronterà i temi che stanno più a cuore ai cittadini”. Solo quando gli chiediamo che fine farà il conflitto d’interessi Realacci tentenna: “La legge la faremo. Ma non è una priorità”.

Da Fiuggi al Ppe, il miracolo è compiuto. A destra Fini incassa il via libera unanime della direzione del partito alla decisione di imbarcarsi nella nuova creatura berlusconiana. Alleanza nazionale “archivia” simbolo e partito in nome di un rafforzamento del bipolarismo. I colonnelli si schierano al fianco del capo che non teme il ridicolo quando afferma che “i valori di Fiuggi sono esattamente quelli del Ppe”. Il dado è tratto. Fini invita anche a non “impiccarsi” nelle discussioni “poco dignitose” sui simboli e sui nomi. Perfino Mirko Tremaglia, l’ex ragazzaccio di Salò, appone il suo sigillo sull’operazione Pdl. Forse avrà pensato che i valori della X Mas sono esattamente quelli del Ppe.

Un animale politico si aggira per l’Italia. Veltroni pare indemoniato. I suoi fedelissimi sostengono di non averlo mai visto così in palla. I colpi di teatro si moltiplicano, l’ex sindaco di Roma ne inventa uno al giorno. Che poi diventano prime pagine di quotidiani, titoli di apertura dei tg e avversari costretti a inseguire. L’altro ieri la decisione di candidarsi in tre circoscrizioni, ma solo come numero: al numero uno Veltroni metterà dei giovani. Poi Matteo Colaninno e il sopravvissuto della Thyssen nelle liste del Pd. Oggi la partenza in un pullman ecologico per 12 mila 650 chilometri di giro d’Italia. E se perfino D’Alema dice che “la rimonta è possibile”…
g.m.


Into the wild

15 febbraio 2008

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Napolitano forse sta scherzando: «I toni in campagna elettorale rimangano pacati». Ma, in questa campagna, è come se lo stereo non si fosse neanche acceso. Qualcuno ha provato a girare la manopola. Nulla. Zzzzzzzzzzzzzzzzzzz. Rumore di fondo. Berlusconi è sicuro di vincere, convinto che- al momento di governare- qualcuno dei suoi proverà a mettergli il bastone fra le ruote, e allora resta abbottonato. Walter cerca il basso profilo: «Sono soddisfatto di due cose. La vita politica è cambiata, senza la nostra scelta coraggiosa saremmo di nuovo nelle 4 campagne elettorali con Berlusconi candidato, fatte tutte nello stesso modo con le stesse coalizioni. La seconda novità è una novità di toni. Io non ho mai preso una posizione aggressiva, posso ragionare, discutere, ma non ho mai fatto un attacco personale, mai usato toni che non fossero rispettosi nei confronti dell’avversario. Bisogna avere curiosità dell’altro. L’idea che si vinca a urla è un’idea alla quale non mi piegheròmmai». Pochi obamismi, molto spazio all’economia, storicamente il suo tallone d’Achille.

Generazione mille euro Eccolo, il new deal veltroniano: la svolta sarkozista sul tema della pedofilia, «un problema di dimensioni incalcolabili che merita pene più severe», il tetto minimo per i salari – «serve un compenso minimo per i precari, che non possono avere meno di 1.100 euro», il patto con Di Pietro sull’uso moderato della forca- «i magistrati devono potere intercettare chi vogliono, però le intercettazioni non devono essere pubblicate sui giornali perchè l’utilizzo di queste carte è sbagliato». Casini fiuta il trappolone: «Molti andranno a votare per Berlusconi o Veltroni pensando di trovare e votare due candidati alternativi, ma il giorno dopo il voto vedranno che hanno fatto un accordo».

L’opzione Canada Eppure, anni fa, i rapporti fra i due erano molto più tesi. Il leader del Pd attaccò con forza il Cav. ai tempi della sua scalata-Mondadori: «Rappresenta una prospettiva di paurosa omologazione politica, è un pericolo per la democrazia». Poi la politica ha fatto il suo corso. Oggi, il leader del Pdl è «un interlocutore prezioso». Il patto anti-nani, insomma, ha cancellato i dissidi. Ieri mattina, un opinionista di centrosinistra, molto critico con l’attuale classe dirigente, mi raccontava che «tra qualche anno avremo il Cavaliere presidente della Repubblica e Veltroni a palazzo Chigi. Io emigro in Canada». Qualcuno è pronto a seguirlo.

Numeri Perché la situazione che si delinea è chiara. Il sondaggio di oggi, firmato Crespi- quel Crespi, sopravvissuto a mille burrasche giudiziarie e braccio destro del Cav per anni- è lapidario. Silvio Berlusconi parte con il 43%, Walter Veltroni con il 34,5. Dietro c’è ancora un pò di confusione, ma sicuramente Fausto Bertinotti con il 10% è l’unico che può puntare ad un risultato a due cifre. Seguono tre candidati appaiati tra il 4 e il 4,5%: Daniela Santanchè (4,5%), Bruno Tabacci ed Emma Bonino al 4%. Cifre un po’ troppo basse, quelle che riguardano W. Ma che dimostrano che la sterzata prevista all’interno del loft è ancora lontana.
Il vicario


Neri per caso

13 febbraio 2008

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«Aò, questi menano». Metaforicamente, chiaro. Ma con la forza degli esclusi che possono contare su radici solide. La Destra di Francesco Storace, epurator per gli amici, cuore nero ma solo a metà, mena. I sondaggi non riescono a capirne il valore. Roberto Weber (Swg), per esempio, ammette la propria difficoltà: «Il dato che potranno ottenere è molto difficile da capire. Presentano un candidato premier donna, parteciperanno ai dibattiti e potrà esserci un pò di erosione. Quindi è ipotizzabile un 2-3%». Poco, in generale. Molto, visto che Storace, di associarsi al listone Pdl, «nun ce pensa proprio», chè il Pdl è «una marmellata» destinata inevitabilmente «ad abbracciare Veltroni il giorno dopo le elezioni». «Coerenti, liberi e sereni», eccolo lo slogan de La Destra. «Il nostro popolo troverà liste che avranno la forza della passione. Non avremo neppure il tempo di litigare sulle candidature, perchè la cosa più importante è oltrepassare il quorum del cuore», spiega Storace sul suo blog.

Nero bifamiliare
La mutazione genetica è in corso. I duri, le anime nere, puntano a oltrepassare il «quorum del cuore». Candidano, unici in tutto il Paese, una donna, Daniela Santanchè. Tuonano contro la Casta. Snocciolano romanticherie, ma non dimenticano: «Nessuna coalizione ci potrà mai chiedere di andare in un’agenzia di viaggi a fare un biglietto per Gerusalemme per maledire il fascismo!».

Fascistismi
In realtà, la mossa centrista di Fini, non li ha spiazzati. Ha spiazzato i colonnelli di An, che si vedono superare dai berluscones. Ma la destra popolare, da osteria, potrebbe rimanere con Francè. Che, per non lasciare soli i vecchi camerati, ha iniziato la sua scalata al Campidoglio. Una scalata fatta di manifesti- «Rutelli e Veltroni presentano la grande fuga da Roma, il solito film» e invettive «Chi ci sottovalutà si pentirà». Ovvero, l’abc della comunicazione nera degli anni settanta, perfetta per parlare alle pance dei delusi dai vertici e, soprattutto, per penetrare nel tessuto romano, uno dei pochi in cui, ogni tanto, esplode la nostalgia canaglia.

Strategie 
La strategia non piace ad Alessandra Mussolini: «Buontempo è la seconda B dell’indimenticato ticket con Borghini, che portò al clamoroso tracollo elettorale contro la sinistra e Storace, sia personalmente che attraverso sui assessori, ha ancora seri problemi con la giustizia, che dovrebbero sconsigliarlo di tornare a calcare le scene del delitto». “Er Pecora” ci mette un attimo: « Saremo anche vecchi arnesi, ma certamente non siamo attricette fallite». Ma la nipotina d’arte sta coperta. Segue Berlusconi, appare in tv. Cerca un consenso pop, patinato, che non ha nulla a che fare con la base, con le viscere, con i ricordi delle sezioni. L’unica donna segretario del Popolo della Libertà china il capo sull’election day, si impegna personalmente per vigilare contro eventuali brogli nella corsa amministrativa, e si becca la bordata di Luca Romagnoli- segretario di Fiamma Tricolore e indimenticabile protagonista di un’intervista a Sky «Se le camere a gas sono mai esistite? Francamente non ho nessun mezzo per poter affermare o negare»- che boccia così la Mussolini: «Tiriamo un gran sospiro di sollievo: se Alessandra si impegna a garantire legalità nella raccolta delle firme, allora siamo tutti più tranquilli. Magari confortati anche dai giudici che sulle firme raccolte in passato da lei e da Azione sociale, sono ancora al lavoro».

La luna nera
Insomma, il sogno di un’ultradestra unita naufraga prima di essere sognato. La Cosa nera paventata non dura che pochi giorni, per sfracellarsi sotto i colpi di giudici (“Toghe rosse”, problema facilmente accantonabile) e antichi rancori personali. Il fascismo immaginario non ha presa. Donna Assunta, la nonna di tutti, l’unica a non gettare la spugna, non riesce farsene una ragione: «Il giorno delle elezioni sarò perplessa, confusa e non sarò l’unica. Può darsi che sulla scheda scriva: “W Almirante”».
Il vicario


Nel sole nel vento nel sorriso nel pianto

11 febbraio 2008

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E così Pier ci pensa sul serio, a lasciare l’ex Cdl. Il listone ha poco appeal, la presenza di Berlusconi è ingombrante, un macigno. Pare che stanotte il leader dell’Udc abbia dormito poco e male. Al risveglio, Paolo Bonaiuti l’ha rassicurato. «Spero si riesca a trovare una soluzione in grado di accontentare tutti». Quale? La svolta di An è difficilmente praticabile. La casella bianca al centro fra i due superpartiti è stata occupata dalla Rosa bianca, con cui l’alleanza è impossibile per motivi più personali che politici. Gianfranco Fini è stato chiaro: «Sarebbe davvero grave se gli amici dell’Udc non comprendessero l’importanza di ciò che sta accadendo e non contribuissero a rendere il Popolo della libertà più forte e credibile nei valori e nella sua capacità di governo».

“Se vuoi andare, addio”
I sondaggi danno il Pdl senza Pier al 37 per cento. Molto. Ma non abbastanza. Solo tre punti avanti al Pd, se decidesse di farsi affiancare da Di Pietro. Così Casini prende tempo. Sa che presentarsi da solo potrebbe essere un suicidio. Il quorum alla Camera è al 4 per cento. Fattibile, soprattutto se la Chiesa decidesse di sponsorizzarlo. Ma al Senato l’asticella è all’8, molto alta, irraggiungibile senza una mano lughissima. Marco Rizzo, numero due dei Comunisti Italiani, sente il pericolo: «Trovo inaccettabili i tentativi del Vaticano di influenzare in un senso o nell’altro la politica italiana. Peraltro buona parte delle gerarchie ecclesiastiche si ostina al sogno di un partito dei cattolici. Ma tra la Balena Bianca di Andreotti, De Gasperi, Forlani e l’Udc di Cuffaro, Cesa, Mele e Casini c’è un abisso. Meglio sarebbe una dichiarazione di equidistanza». Dichiarazione che, ufficialmente, è già arrivata. Ma la Chiesa è molto meno compatta di quanto appaia. E flirtare con l’ala meno istituzionale, per Casini, non dovrebbe essere un problema.

The good son
Certo, la prospettiva è cambiata. Col voto anticipato è svanito il sogno bianco di un sistema elettorale alla tedesca. E’ scomparsa l’ipotesi del dialogo con l’area teodem del Pd, rilanciata da Fassino stamattina- «Il modo con cui è stata trattata l’Udc dice che Berluconi e Fini non le riconoscono la dignità che si deve a un alleato» ha spiegato il birmano in una intervista a “La Stampa”- ma poco gradita a Pier, che nel pomeriggio ha frenato sull’ipotesi solitaria: «Uniti, ma nel rispetto delle diversità». Poi, il silenzio. Il gelo, fra Pdl e Udc, è reale. La solitudine si paga in lacrime, cantava Battisti. Non sarà così. Pier, alla fine, non ne verserà neanche una. Probabilmente ingoierà il rospo, come altre volte, e si unirà al listone come vuole Ruini. D’altra parte, Gianni Baget Bozzo non ha lasciato spazio a dubbi: «La Conferenza episcopale italiana è intervenuta per riconoscere che il leader del Pdl è quello nei quali i cattolici possono riconoscersi, ma che ciò deve avvenire attraverso l’inserimento del simbolo Udc nello schieramento». Passerà ancora qualche notte agitata, Pier. Poi, confermerà le parole di Baccini, uno che lo conosce bene. Uno che lo conosce troppo: «Ritornerà all’ovile, contrariamente al mandato che aveva ricevuto dal congresso nazionale». Amen.
Il vicario