La marcia su Roma

28 aprile 2008

L’ultimo verdetto delle elezioni è stato un terremoto. Nel Pd si aprirà una guerra intestina durissima. Si cercheranno nuove alleanze, al centro come a sinistra. La leadership di Veltroni torna in discussione. Berlusconi esulta. Per gli ex missini sono i giorni della gloria: Alemanno al Campidoglio, La Russa alla Difesa, ministeri a pioggia e mercoldì Fini sarà eletto presidente della Camera.

19.18 Veltroni: “Ringrazio Rutelli ma è una sconfitta molto grave. Amarezza personale e politica. Ora analisi seria”.

19.11 Ora però Alemanno sta esagerando: “Voglio portare Roma dentro l’Europa e al centro del Mediterraneo”

19.08 Massimo Cacciari (Pd): “E’ una sconfitta della collocazione politica di Veltroni negli equilibri nazionali”. 

19.04 Tale Iacopo Venier, oscuro personaggio della Segreteria nazionale del Pdci, vince il premio cattiveria: “Neanche l’Africa vuole più Veltroni”

18.54 Di Pietro: “Ora opposizione dura e pura”. Storace mena: “La vittoria di Gianni è un capolavoro assoluto di Veltroni. Ringrazio tutti gli elettori de La Destra che hanno seguito l’indicazione di voto per Alemanno”.  

18. 53 DATI DEFINITIVI: Alemanno 53,66%, Rutelli 46,34%

18.48 Alemanno dice quello che Veltroni sta pensando: “Non so se questo risultato è più importante delle Politiche, ma è una svolta enorme. Crolla un sistema di potere”.

18.44 Quanto vale Roma? Due ministri? Tre?

18.40 La carica dei missini. A Roma caroselli di taxi nel centro della città. Nel comitato del nuovo sindaco festa al grido di “Chi non salta comunista è”. Fini è incontenibile: “Giornata storica per An”.

18.37 Rutelli fa gli auguri ad Alemanno.

18.35 Miracolo a Massa. Il Pd perde il ballottaggio ….vince il candidato della Sinistra Arcobaleno!

18.30 Zingaretti salva la provincia di Roma con tre punti di vantaggio su Antoniozzi. Il Pd tiene Udine e strappa Sondrio e Vicenza. Il Pdl mantiene la poltrona di sindaco a Viterbo e conquista la provincia di Foggia.

18.23 Alemanno ha pronunciato l’immancabile frase: “Sarò il sindaco di tutti i romani”. I suoi chiamano il popolo all’adunata: “Tutti in piazza alle 19.30”

18.20 Che mazzata. Alemanno al 53,5% e Rutelli 46,5%. Mancano 150 sezioni su 2600. La marcia su Roma è compiuta.

17.52 Matteoli dice quello che D’Alema sta pensando: “Alle politiche Veltroni attribuì l’insuccesso a Prodi, oggi il grande sconfitto è soprattutto lui”.

17.30 Gasparri dice quello che D’Alema sta pensando: “Se Alemanno vincerà a Roma sarà una tappa storica importante. Il gruppo dirigente di An sarà promosso da tutti i professori che hanno fatto manifesti sulla marea nera. E Bettini si occuperà di altre cose”.

17.07: doccia gelata su Rutelli, con mille sezioni scrutinate Alemanno è avanti. Si può fare, si può perdere anche il Campidoglio

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Roma o non Roma. E’ il giorno del ballottaggio per il Campidoglio, Rutelli e Alemanno si giocano la poltrona da sindaco, Veltroni la leadership del Pd.

Nun fa la stupida stasera. La prima buona notizia per Walter & C è che, grazie al ponte lungo del 25 aprile, l’affluenza è in netto calo. Se Alemanno facesse fiasco, Berlusconi dovrebbe trovargli una poltrona. An diventerebbe aggressiva. Si creerebbe un ingorgo di pretendenti e la baby Giorgia Meloni rischierebbe di restare senza poltrona.


Roma capoccia, der mondo infame

21 aprile 2008

“Un commento sul voto? Non è ancora il momento. Prima aspettiamo l’esito dei ballottaggi”. Letta così, pare un’affermazione di realismo e buonsenso. Il problema è che queste parole sono state pronunciate da Massimo D’Alema. Ad ascoltarle c’era il solito nugolo di giornalisti, ma il vero destinatario era  Walter Veltroni.

Al ballottaggio per il Campidoglio sono appese non solo le sorti di Francesco Rutelli, ma anche quelle dell’intero Pd, a cominciare dal suo leader. Lo sa bene Goffredo Bettini, il braccio destro di Veltroni, che da qualche giorno ha abbandonato il loft e si è trasferito al comitato elettorale del candidato sindaco. Il new deal veltroniano rischia di terminare la sua breve corsa nella capitale. Dietro la possibile disfatta si nasconde la resa dei conti post elettorale, finora rimandata. Anche la discussione sui futuri organigrammi, dai capigruppo alla presidenza del partito, è bloccata in attesa di sapere cosa accadrà a Roma.

Nella città simbolo del “modello veltroniano” nessuno potrebbe addossare le colpe di una sconfitta a Prodi e all’impopolarità del suo governo: la responsabilità se la dovrebbero prendere tutta Bettini e Walter. Per dirla con Emma Bonino, “è chiaro che perdere Roma non sarebbe un fatto amministrativo ma politico, un’eventualità che non aiuterebbe Walter Veltroni a rimanere saldo in sella”. E così è partito il soccorso “rosso-bianco”: Veltroni, D’Alema, Marini, Rosy Bindi e Nichi Vendola si aggirano per le periferie (e i salotti) della capitale: tutti in pista per sostenere Rutelli (candidato sindaco di tutto il centrosinistra, dal Pd a Rifondazione comunista), tutti schierati a difesa dell’ultima trincea.
 
Al primo turno Rutelli ha preso cinque punti in più di Alemanno. Storace si è fermato al 3,3%: al ballottaggio non ci sarà l’apparentamento ma molti voti de La Destra convergeranno inevitabilmente sull’ex ministro di An. L’Udc invece non si schiera: libertà di voto per i 52 mila romani che al primo turno hanno votato per il candidato centrista Luciano Ciocchetti. Casini vuole mani libere. La fronda interna è guidata da Baccini che ha fatto spere di aver scelto Alemanno. Un’altra incognita è la lista Beppe Grillo, arrivata al 2,7%. A infiammare la campagna elettorale ci ha pensato la cronaca: un’anziana strangolata in casa e una studentessa stuprata. Il tema della sicurezza è solo un nuovo ostacolo sulla strada, già accidentata, del Pd. E di Veltroni.


La traversata del deserto

16 aprile 2008

Viene in mente il dialogo di una vignetta di Altan. Correva l’anno 2001, l’Italia commentava i risultati eletorali. “Poteva andare anche peggio, no?”. “No”. Berlusconi e Bossi hanno stravinto anche questa vola: 171 senatori contro i 140 di Pd e Di Pietro. Sono numeri da brivido: neanche il Cavaliere era così ottimista. A 48 ore dal voto i toni dello statista di Arcore sono pacati: vaghi inviti al dialogo e appelli a Veltroni per “fare le riforme insieme”. C’è chi giura di avergli sentito pronunciare addirittura la parola “Bicamerale”.

L’abbuffata. “Presto ci sarà un incontro tra Bettini e Letta”, dice Silvio. Ma nel Pdl i falchi premono e alcuni di loro siedono nella cerchia dei collaboratori più stretti di Berlusconi. La tentazione di “non fare prigionieri” è forte, i numeri lo permetterebbero. E poi l’onda lunga delle politiche si è riversata sulle amministrative: a sorpresa Riccardo Illy, governatore uscente del Friuli-Venezia Giulia, è stato sconfitto da Renzo Tondo, Pdl. Rutelli, che nella sfida per il sindaco di Roma era certo di vincere al primo turno, sarà costretto al ballottaggio da Gianni Alemanno. Se i voti di Storace e Casini convergeranno sull’ex ministro di An la debacle della sinistra sarà ultimata.

Falce & Carroccio. L’impresentabile Lega di Bossi diventa il terzo partito italiano. Le camicie verdi hanno sfondato nelle valli e nelle periferie operaie delle città, a Sesto San Giovanni (Stalingrado d’Italia) hanno triplicato i consensi. Gli analisti dei flussi eletorali sono concordi: il Carroccio ha conquistato anche voti fuoriusciti dalla Sinistra Arcobaleno. Ha vinto là dove gli interessi dell’impresa e dell’operaio coincidono, ovvero nelle realtà produttive medio-piccole. Mino Martinazzoli, ultimo segretario della dc, sostiene che “quelli della Lega sono rimasti gli unici a far politica nei bar”. E così Umberto Bossi da Gemonio può finalmente riporre i fucili nell’armadio: la campagna elettorale è vinta, ora tocca comandare, trattare ministri e poltrone e tornare nella stanze dei bottoni. E fa niente se sono a Roma e non a Bergamo.   

Penisola destrorsa. A sinistra l’unico soddisfatto del voto è Di Pietro. Il particolare non trascurabile è che lui è di destra. L’eroe di Mani pulite è un politico law & order, lui stesso ha ripetuto più volte che se non ci fosse Berlusconi starebbe dall’altra parte della barricata. Eccolo l’effetto Beppe Grillo: il voto di protesta si è incanalato su Lega e Italia dei valori. Bossi e Di Pietro sono i leader in cui l’anti-politica si è specchiata con meno disgusto e dunque li ha votati. E così ora Tonino medita di candidarsi alla presidenza della regione Lombardia visto che Formigoni è in partenza per Roma (destinazione presidenza del Senato o un ministero di peso). Regge anche l’Udc: Casini ha tenuto grazie ad alcuni voti in uscita dal Pd e agli orfani dell’Udeur di Mastella. La Destra di Storace-Santanchè invece ha deluso, ha prevalso l’appello al voto utile: non ci sono più i fascisti di una volta.

Gli arrotini del loft. Anche per il Pd il voto è stata una batosta. Walter ha già bell’e pronto il capro espiatorio, ossia Romano Prodi: “E’ pesato il giudizio nei confronti del governo uscente”. Ma dentro il partito il malumore monta inesorabile. Rosy Bindi chiede una “gestione più collegiale”, il dalemiano Latorre invoca un congresso entro il 2009. La pacchia è finita, il messaggio è chiaro: caro Walter la tua leadership non si discute (per ora), ma non sei un uomo solo al comando. Qualcun’altro critica la scelta d’inzeppare volti nuovi in lista, spazzando vecchi alleati e storici parlamentari. Veltroni per ora tira dritto e annuncia di voler dar vita a “un governo-ombra”. Ma il problema è che il Pd “a vocazione maggioritaria” ha perso la sua sfida: da solo non ce la fa.

La resa dei conti. Naturalmente il clima cambierà: per ora nessun “processo a Walter”, anche perché non si capisce chi potrebbe vestire i panni dell’accusatore. Marini ha perso l’Abruzzo, D’Alema ha deragliato in Puglia, nell’Emilia di Bersani e Franceschini ha Lega ha sfiorato l’8%, Rutelli ha i suoi guai a Roma. Nessuno, insomma, può mettersi a dare lezioni. Ma è solo questione di tempo. Per fare fuori Veltroni ci sono cinque anni di tempo. Bersani assesta la prima frecciata alla politica pop di Walter chiedendo un partito “più strutturato e radicato sul territorio”. Letta e Follini insistono per aprire un dialogo con Casini, perchè “l’evoluzione naturale porta ad un’alleanza tra Pd e Udc”. Le tre anime del Pd – quella che fa capo a D’Alema e Bersani, quella popolare di Marini e quella ulivista di Rosy Bindi e Parisi – guardano già al dopo-Veltroni.

La ghigliottina. Che la Sinistra Arcobaleno sarebbe andata male lo dicevano anche i sondaggi. Ma nussuno si era azzardato a prevedere la morte politica di tutto ciò che stava e sta a sinistra del Pd. Tre giorni orsono Bertinotti and Friends avevano 138 parlamentari e quattro milioni di voti: dopo lo “tsunami” delle urne si ritrovano con in mano un pugno di mosche. Tra i Verdi Pecoraro darà presto le dimissioni. Dentro Rifondazione volano gli stracci: l’ex ministro Ferrero vuole fare la festa a Giordano e prendersi la leadership del partito. Questo fine settimana ci sarà il comitato politico di Rifondazione e a luglio si terrà il congresso: lo scontro sarà durissimo. Intanto si è bruciato anche Vendola, geniale talento della sinistra nostrana e pupillo di Fausto: in Puglia, dove Nichi è governatore, Rifondazione ha totalizzato il 2,5 per cento. Il cattivo di turno è il ministro Giulio Santagata, braccio destro di Prodi: “Ora Bertinotti potrà consolarsi con un brodino caldo…”.


LA MARATONA ELETTORALE

14 aprile 2008

Un pugno in faccia. Berlusconi ha stravinto le elezioni. Il Cavaliere ha trenta senatori di vantaggio. Il Pd non brilla, al loft si affilano i coltelli contro Veltroni. Lega a valanga, l’Udc regge. La notizia del giorno è il disastro della Sinistra Arcobaleno. Bertinotti & C non eleggono neanche un Parlamentare: per loro è l’inizio della fine.

1.08 – La maratona finisce qui. La notte ci attende. Durerà almeno cinque anni. Grazie a tutti voi che ci avete seguito.

Diego & Davide

0.45 – E ultimo viene il Lazio. Silvio Berlusconi si aggiudica per il Senato la regione: quando restano da scrutinare 73 sezioni su 5235, la coalizione Pdl-Mpa ha oltre 87 mila voti di vantaggio. A Berlusconi vanno 15 seggi su 27.

0.26 – Santanchè: “Un parlamento senza la sinistra e senza la destra è un parlamento assolutamente triste, soprattutto per i giovani”.

0.17 – Pdl 37,1%, Pd 33,3%, Lega 8,5%, Udc 5,6%, Idv 4,4%: dati quasi definitivi alla camera. Le camicie verdi sono il terzo partito italiano. Tutti gli altri non passano.

0.00 – Berlusconi: “Fini presidente della Camera, Frattini agli Esteri, due ministeri alla Lega”.

23.50 – Grande cordoglio al funerale della sinistra, anche Casini in lacrime per la sua morte prematura: ”Come democratico e come ex presidente della Camera dico che tutto sommato mi spiace che siano fuori le persone più distanti da me sotto il profilo ideologico, culturale e politico, cioè la Sinistra Arcobaleno. Perché ritengo che forze di estrema sinistra nel Parlamento comunque diano un contributo di dissenso fortissimo che si incanala nelle istituzioni”.

23.49 – Soltanto Maroni non si smentisce. “finalmente è caduto il muro di Berlino anche in Italia”.

23.47 – Fini: “la scomparsa della sinistra è un elemento politico di grande rilievo ma anche una situazione che non trova riflesso nel Paese”. Dubbi sulla legge elettorale?

23.42 – Feltri a Matrix cercando di confortare Bertinotti: “sono sempre stato socialista”. Ma un tempo non si cercava di saltare sul carro del vincitore?

23.18 – Zapatero è stato il primo capo di un governo straniero a chiamare Silvio Berlusconi per congratularsi della sua vittoria. Nessuno è perfetto…

23.08 – Mentre in Sicilia la Finocchiaro è sotto di 18 punti. Nulla di nuovo sotto al sole.

22.44 – Ma la situazione qual è? Senato B: 47,16; W: 38,14 (57.307 su 60.048 sezioni). Camera B: 46,49; W: 37,85; Udc 5,54; SA 3,1 (52.617 su 61.062). Insomma, è quasi finita ed è una disfatta. Altroché pareggio.

22.39 – Tremonti a Matrix impazzisce: “la mancanza della sinistra dal Parlamento italiano non è un male soltanto per la sinistra ma anche per il paese”.

22.32 – Per la prima volta dal 1948 nel Parlamento Italiano non ci saranno rappresentanti comunisti e socialisti. Per qualcuno un sogno si avvera. Per altri è un incubo.

22.24 – Stasera a casa di Silvio: Bossi dice “Vado da Berlusconi a festeggiare”.

22.22 – Franceschini (Pd): “oggi è una giornata che verrà ricordata perché cambia gli equilibri della politica italiana e apre una stagione diversa”.

22.20 – Secondo la quinta proiezione Consortium sui seggi in Senato, il Pdl più Lega più Mpa ottiene 167 senatori (141 il Pdl, 23 la Lega, 3 l’Mpa), mentre al Pd più Idv vanno 137 seggi (122 il Pd, 15 l’Idv).

22.18 Continua la maratona elettorale di Pornopolitica, a cura di Davide Picatto e Diego Meggiolaro. Seguiteci e commentate.

Segui tutta la giornata


Ho fatto un sogno…

14 aprile 2008

…Italia divisa a metà. E se fosse pareggio?

AVVISO AI NAVIGANTI: OGGI, A PARTIRE DALLE 15.00,
SEGUITE LA MARATONA ELETTORALE DI PORNOPOLITICA.


L’alfabeto del voto/1

31 marzo 2008

A come Alitalia – L’ultimo colpo di genio del Cav. Ma anche Veltroni: “Fosse esistita una cordata sarebbe stata importante, ma invece è stata annunciata e non c’è”. Epifani prima lotta e poi si pente: “Contrordine compagni, diamola ai francesi”.

B come Boselli – “Gesù Cristo è stato il primo socialista”, dice Boselli. Messo in croce, e perfettamente a suo agio fra i ladroni.

C come Calearo – “La riforma Fioroni? Non ne so nulla, ma la Moratti fece un buon lavoro. San Mastella. Lo statuto dei lavoratori va stravolto completamente”. Bufera, gelo. E il falco ammette: “Sono stato un pollo”.

C (bis) come Camerata Ciarrapico – Silvio lo candida: “Non conterà niente. Ci servono i suoi giornali”. Il Principe Caracciolo lo assolve: “Il Ciarra fascista? Solo quando era un bambino”. Forse ha ragione Storace: “E’ Aldo Fabrizi reincarnato”.

D come Di Pietro – La laurea misteriosa, i 26 esami in 31 mesi. L’ombra dei Servizi. Berlusconi: “Mi fa orrore, ma non perché è brutto e sbaglia i congiuntivi”.

E come Estero – Il voto degli italiani sparsi per il mondo. L’impresentabile per eccellenza? Andre Verde, candidato del Pdl per la ripartizione europa. Un passato nell’hard e un futuro in Parlamento. Lui tira dritto: “Vengo dal porno ma ho valori cristiani”.

F come Franti – Quello che, nel libro Cuore, “ride quando il re è morto”. Il cattivo della campagna è, al solito, Massimo D’Alema. “Ciarrapico? Ha candidato più fascisti Berlusconi che Storace”. Ma anche qualche carezza a Walter: “Lo slogan “Si può fare” è moscio”.

F (bis) come Ferrara – Aborto no, anzi sì, meglio forse, domani chissà. Alzi la mano chi ha capito che cosa vuole davvero l’Elefantino? Ma la baby-veltroncina Marianna Madia apprezza: “E’ un segnale verso la riumanizzazione della vita disumanizzata”.

G come Giorgione – Napolitano, s’intende. “I toni della campagna elettorale restino pacati”, “esiste un divario tra Nord e Sud”, “servono scelte condivise”. Banale e noioso. Ma quando proferisce verbo, sempre monito è.

G (bis) come Grillo – Beppe il vate d’Italia. Paladino dei delusi, idolo dei frustrati, simbolo del malcontento nazionale. Possiede la ricetta della felicità assoluta.

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Dalla H di Hamas alla P di Prodi

Dalla Q di Quorum alla Z, l’orgia del potere